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«Le forze del governo di accordo nazionale hanno arrestato decine di combattenti, sequestrato 20 mezzi di artiglieria e ucciso 50 persone tra quelle che combattevano a fianco dell'esercito di Haftar», l'inviato russo in Libia di Interfax, Lev Dengov, descrive in questa maniera la situazione a Sirte, la città a 400 chilometri da Tripoli dove in questo momento si combatte furiosamente.
Due giorni fa le forze fedeli all'uomo forte della Cirenaica avevano sferrato un attacco arrivando a conquistare i centri nevralgici dell'importante snodo che avrebbe aperto la strada per Tripoli. Ieri però le milizie di Misurata e dell'esercito del Governo nazionale libico hanno reagito riguadagnando posizioni. e ostilità dunque sono ben lontane dall'essere terminate come dimostrano le ultime notizie dal campo di battaglia che parlano di un pericoloso avvicinamento, proprio a Misurata, degli uomini di Haftar. l segno che il conflitto libico sta entrando i una fase nuova, più cruenta, nella quale stanno entrando in gioco anche altri attori. A cominciare dalla Turchia di Erdogan che proprio ieri ha inviato il primo contingente di soldati a sostegno di Serraj.
Difficile capire quale sarà il loro contributo, al momento l'unico effetto è stato quello su Haftar che ha chiamato i libici alla “guerra santa” contro Tripoli. Nella capitale le devastazioni sono una realtà ben visibile e l'aumento delle violenze ha colpito soprattutto la popolazione civile.
Secondo l'Unicef sono 5 le scuole distrutte e 210 quelle chiuse, portando oltre 115mila i bambini costretti a dover rinunciare all'istruzione. ella sola giornata del 3 gennaio ben 4 istituti scolastici sono stati attaccati.
A poco sembrano servire gli appelli che arrivano dall'Onu, l'inviato Ghassan Salamé ha esortato i paesi che sostengono le parti in conflitto: «Ci sono già abbastanza armi in Libia, non ne hanno bisogno di altre. Ci sono già abbastanza mercenari in Libia, per cui evitate di mandare altri mercenari».
Le diplomazie si sono comunque messe in moto, ieri a Bruxelles è stato convocato un minivertice Ue tra l'Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell ed i ministri degli Esteri di Italia, Francia, Germania e Regno Unito. l tentativo, come sottolineato dal presidente dell'Europarlamento, l’italiano David Sassoli, è stato quello di trovare una linea comune fino ad ora resa impossibile dagli interessi contrapposti.
In una nota congiunta, al termine della riunione, è stata ribadita «la necessità di evitare azioni unilaterali come la firma di accordi che esacerbano il conflitto o azioni che creano un pretesto per l'interferenza esterna». Un Riferimento diretto all'intervento turco, per la Ue infatti non c'è «una soluzione militare alla crisi libica» che aumenta solo «il rischio di spartizione, diffondendo l'instabilità in tutta la regione».
L'Unione quindi «continuerà a sostenere la mediazione delle Nazioni Unite ed aiuterà ad attuare qualsiasi decisione che possa essere presa a Berlino».
I paesi europei si muovono comunque ancora in ordine sparso, ieri sera Luigi Di Maio ha visto il suo omologo turco Mehemet Cavasoglu e oggi è al Cairo insieme ai rappresentanti francesi, greci e ciprioti.
Angela Merkel invece dal canto suo ha invitato l'Algeria alla conferenza nella sulla Libia in programma per il mese di gennaio nella capitale tedesca.