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«È vero, ricevetti l’incarico di sondare se Davigo fosse interessato a entrare al governo». Ignazio La Russa conferma l’aneddoto raccontato a RepubblicaTv dall’x capo dell’Anm: «A me fu proposto di fare il ministro della Giustizia per il primo governo Berlusconi. Me lo propose La Russa a nome, a suo dire, di Fini». Tutto vero, dunque: a intavolare la trattativa con uno dei pm più importanti di “Mani pulite” fu proprio l’onorevole - ex missino e avvocato - La Russa. «Ma a chiedermi di trattare non fu Fini, come dice Davigo, ma Pinuccio Tatarella. Era lui il mio vero capo e mi disse: “A questi qui dobbiamo associarli all’opera di cambiamento, senza eccessi”».
Che significa associare «all’opera di cambiamento» i magistrati del pool?
Significa che Tatarella pensava che Davigo fosse la persona giusta per essere associata al governo Berlusconi. Avevo un ottimo rapporto professionale con Davigo, anche se non siamo mai andati a cena insieme e non ci siamo mai frequentati fuori dalle aule di giustizia. Ci vedevamo in Tribunale, anche nel suo ufficio, e parlavamo tanto, non solo di diritto. Sempre in maniera amichevole ma formale. Erano altri tempi.
Volevate trattare per proteggere Berlusconi dalla procura di Milano?
La definirei più una captatio benevolentiae. Tatarella parlava di “associazione al cambiamento”, ma è chiaro che l’implicita contropartita fosse quella di convincere alcuni pm a desistere da un atteggiamento preconcetto contro Berlusconi. Tanto che qualche tempo dopo Pinuccio mi mandò in avanscoperta per fare una trattativa con il pool di Mani Pulite. Il mio compito era chiedere ai pm cosa volessero in cambio di un atteggiamento meno ostile nei confronti di Silvio Berlusconi.
E cosa le risposero?
Questo non l’ho mai raccontato prima. Mi dissero: “Lui venga qui, ammetta quello che c’è da ammettere, patteggiamo e per noi è tutto chiuso”. Naturalmente questa soluzione neanche la proponemmo a Berlusconi.
Chi, del pool, le diede questa risposta? Con chi si relazionava?
Io mi relazionavo quasi sempre con Davigo, poco con Di Pietro, con cui pure avevo un discreto rapporto ma non lo ritenevo adatto a questo tipo di confronto. Consideravo la vera mente del pool, la persona più intelligente, Davigo. A parte, ovviamente, il procuratore Francesco Saverio Borrelli che era il loro capo.
Il compito di convincere Di Pietro a entrare nel governo Berlusconi spettava a Mirko Tremaglia?
Sì, ma dopo. Non ricordo se quell’operazione fu tentata addirittura col secondo governo Berlusconi. Quello di cui parlo io riguarda la fase precedente alla formazione del primo governo Berlusconi. Le dirò di più, però. Ho avuto un ruolo decisivo anche per organizzare il famoso incontro tra Di Pietro e il leader di Forza Italia avvenuto a Roma, credo anche alla presenza di Previti. Fu sempre Tatarella a chiedermi di intervenire. Mi chiamò e mi disse: “Sappiamo che Di Pietro è a Roma e Berlusconi lo vuole incontrare. Scopri dov’è”. Io chiesi direttamente a Davigo che mi indicò la caserma dei Carabinieri in cui si trovava. E lì lo rintracciarono. Però secondo me è stato un errore, perché questa mossa mise in allarme il resto del pool che raggiunse Di Pietro prima che parlasse con loro. Infatti lo bloccarono.
Sempre nel 1994?
Sì, sempre del 1994, prima della nascita del governo.
Lei credeva che fosse davvero possibile trattare col pool o fu un tentativo disperato?
L’unico momento in cui ho sperato è quando Davigo mi disse che si sarebbe preso 24 ore di tempo per riflettere sulla nostra proposta di entrare al governo. Poi le 24 ore diventarono 48 allungando l’attesa. Quando tornò mi riferì di aver parlato con Borrelli. La decisione era stata presa. “Noi siamo guardalinee”, disse, “tra il primo e il secondo tempo non possiamo cambiare casacca, non possiamo indossare la maglia dei giocatori di una squadra”.
Quindi non ci fu un “no” secco, passarono prima due giorni...
Sì, 48 ore. Ne parlò col procuratore capo e poi disse di no. Ma ho mantenuto sempre una grande stima nei confronti della sua intelligenza giuridica.
Chi era il meno disponibile alla trattativa tra i magistrati del pool?
Non lo so. Noi avevamo puntato sui due - Davigo e Di Pietro - che consideravamo culturalmente avvicinabili perché non di sinistra. Con gli altri due, D’Ambrosio e Colombo, sarebbe stato inutile. Borrelli era proprio fuori gara invece.
Berlusconi sapeva della sua trattativa?
Dell’azione su Di Pietro sicuramente, ma di Davigo io non gliene ho mai parlato.
Glielo avrà riferito Tatarella...
Conoscendo Tatarella, che era la riservatezza fatta persona, credo che ne avrebbe parlato solo a cose avviate. Può darsi che gli abbia detto qualcosa nell’attesa delle 48 ore.
Berlusconi era terrorizzato dal pool?
Terrorizzato non lo so, ma Tatarella aveva capito tante cose, aveva una visione politica. Non è un caso che sia stato lui a convincere la Lega a fare il governo insieme a noi, ai fascisti.