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Un emendamento di Pd e governo propone di inserire nel decreto fiscale le norme sull'equo compenso per gli avvocati
«Gli emendamenti al Cura Italia sviliscono il ruolo degli avvocati». È una presa di posizione dura quella del Consiglio nazionale forense, che ha deciso di alzare la voce per evitare violazioni del diritto di difesa in nome dell’emergenza. Una denuncia avanzata anche dalle Camere penali, al cui documento si è associata la denuncia del Cnf per bloccare sul nascere eventuali abusi. Punto cruciale della protesta sono le proposte emendative formulate dal Governo al decreto Cura Italia e approvati, in seduta notturna, dalla Commissione programmazione economica e bilancio del Senato: Emendamenti che, di fatto, prevedono «la indiscriminata estensione del processo penale telematico anche nei casi dei procedimenti non urgenti, con conseguente svilimento del ruolo del difensore, del diritto di difesa e della stessa giurisdizione, in palese violazione della cornice costituzionale segnata dall’articolo 111 della Costituzione». Insomma, il rischio concreto, sollevato dagli ordini di tutto lo Stivale, è che le leggi speciali, giustificate da un’oggettiva emergenza sanitaria, possano tradursi nell’accettazione graduale di uno stravolgimento dei principi che governano il giusto processo. Una posizione che il Consiglio nazionale forense ha espresso ieri attraverso una nota ufficiale, condividendo le preoccupazioni dei penalisti. Ma le fibrillazioni hanno investito anche i civilisti, che hanno lamentato «l’assenza di un termine finale per le modalità di svolgimento da remoto delle udienze civili, tenuto conto che le esigenze del giusto processo devono essere garantite in tutte le giurisdizioni». La nota della Giunta dell’Unione delle Camere penali analizza punto per punto gli emendamenti lesivi, a dire degli avvocati, del diritto di difesa. Nello specifico, sono stati ampliati i casi di deroga alla sospensione dei procedimenti, inserendo le procedure di consegna degli imputati e dei condannati agli stati esteri ed è stato approvato un comma che prevede la «la sospensione del termine di prescrizione per i processi pervenuti alla Corte di Cassazione nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020, sino all’udienza di trattazione e comunque non oltre il 31 dicembre 2020», sospensione già prevista. Ma c’è anche l’introduzione della “udienza con collegamento da remoto”, incompatibile, per i penalisti con «i principi sanciti nella Costituzione e nelle Convenzioni Internazionali». Ma gli emendamenti introducono anche termini ancora più ampi per la richiesta di trattazione “partecipata” nei processi in Camera di Consiglio dinanzi alla Corte di Cassazione, «con conseguente dilatazione dei termini di sospensione della prescrizione e di quelli di custodia cautelare, illegittimamente introdotta come conseguenza dell’esercizio di un diritto», nonché la possibilità, per giudici e pm, di collegamenti da remoto «per compiere atti che richiedono la partecipazione della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa, del difensore, di consulenti, di esperti o di altre persone, nei casi in cui la presenza fisica di costoro non può essere assicurata senza mettere a rischio di contenimento della diffusione del virus Covid-19». Il che significa, di fatto, consentire indagini preliminari “virtuali”, «senza prevedere alcuna connotazione di urgenza», tutelando esclusivamente la salute di giudici e magistrati. Infine, al comma 12 quater, viene consentito ai giudici, anche per i processi più gravi, «di svolgere le udienze da remoto con il già segnalato intollerabile vulnus agli irrinunciabili principi che sovraintendono alla deliberazione in camera di consiglio». La giunta dell’Ucpi ha dunque invitato il governo «al rispetto dei principi costituzionali del giusto processo e delle garanzie difensive», messi a rischio, secondo i penalisti, da regole emergenziali che nasconderebbero «il mal celato intento di divenire regola ordinaria», richiamando la politica, inoltre, alla necessità di adottare tutti i provvedimenti «indifferibilmente necessari» per tutelare il diritto alla salute dei detenuti.