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E' arrivata la rivendicazione dell'attentato che domenica ha causato il ferimento di cinque militari italiani in Iraq, vicino Kirkuk. L'isis ha comunicato attraverso la sua agenzia propagandistica Amaq: “Con l'aiuto di Dio, soldati del Califfato hanno colpito un veicolo 4X4 con a bordo esponenti della coalizione internazionale crociata ed esponenti dell'antiterrorismo peshmerga nella zona di Kifri, con un ordigno, causando la sua distruzione e ferendo quattro crociati e quattro apostati". Le condizioni dei soldati non sono tali da mettere in pericolo la loro vita. Si tratta comunque di ferite serie, per due si tratta di amputazioni di una gamba e per un altro di parte del piede. L'automezzo sul quale viaggiavano è saltato in aria per l'esplosione di quello che viene definito Ied (Improvised Explosive Device), ordigno rudimentale ma letale. Intanto cresce la polemica sulla presenza dei militari italiani ijn Iraq (800 operativi), dopo aver ribadito la solidarietà alle famiglie delle vittime la Ong “Un Ponte per” ha polemizzato non con i soldati ma con il potere politico «che ha la responsabilità di averli rinviati in Iraq dopo il ritiro del contingente italiano nel 2006, voluto dal Governo Prodi in seguito alle pressioni delle mobilitazioni pacifiste». Ma nel 2015 il governo di Matteo Renzi decise «di rinviare un contingente militare in Iraq. La motivazione addotta fu la messa in sicurezza della Diga di Mosul, i cui lavori di risanamento erano stati affidati alla multinazionale italiana Trevi».