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«Pisapia? Noi non dobbiamo scegliere un candidato premier, ma costruire una proposta politica che raccolga tutti i mondi della sinistra». Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana, vede la soglia del 5% come un obiettivo assolutamente raggiungibile e, se proprio un leader si dovesse trovare, «allora lo si farà con un percorso democratico».
Onorevole, Pisapia sta organizzando una sorta di costituente per i primi di luglio. E’ quello che serve per unire la sinistra? Io penso a ciò di cui ha bisogno l’Italia: una proposta che produca una radicale discontinuità rispetto alle politiche di questi anni e che abbia il coraggio di offrire un cambiamento significativo e marcato. Con questo obiettivo, Sinistra Italiana è sempre disponibile a discutere con tutti, a patto che tutti si mettano intorno a un tavolo per definire assieme un profilo programmatico e una proposta politica chiara.
E la chiamata di Pisapia rappresenta questo?
Io credo che non servano le chiamate ma la disponibilità di tutti a discutere, per costruire insieme una proposta che abbia la speranza non di superare il 5% ma di essere utile al Paese. Se la proposta condivisa che riusciremo a mettere in campo avrà questa forza e questa chiarezza, allora otterremo un risultato ben più significativo del 5%.
Ragionando in un’ottica di alleanze, è davvero così impossibile guardare al Pd come interlocutore?
Assolutamente sì, non vedo spazio per un dialogo. Del resto, una proposta che ha l’ambizione di costruirsi un consenso e riorganizzare i rapporti di forza nel panorama politico deve costituirsi come dimensione alternativa al Pd. Questo per una ragione molto semplice: Renzi ha vinto largamente il congresso del suo partito e, giustamente dal suo punto di vista, rivendica la bontà delle sue politiche, dal job act alla “buona scuola”. Noi abbiamo invece fatto dura opposizione in Parlamento all’impianto di quello stesso programma, che è lo stesso di tanta parte della destra europea. Immaginare che si possa costruire un’alleanza sulla base di que- ste condizioni mi sembra del tutto fuori dalla realtà.
Inizierà la corsa per la leadership di questa nuova sinistra alternativa?
Guardi, non dobbiamo candidare un presidente del consiglio. A dicembre abbiamo votato no a una riforma costituzionale che produceva una torsione autoritaria della democrazia e ora, con una legge proporzionale, non si eleggerà un premier ma dei parlamentari. Per questo la questione, ora, per la sinistra non è la leadership ma la definizione di un programma condiviso.
Ma se un leader servisse?
Abbiamo molte risorse che possono ben garantire la rappresentanza. Se, però, dovessimo decidere di individuare una o più figure che in particolare rappresentino la proposta in campagna elettorale, allora io credo che si possa utilizzare un percorso democratico per sceglierle. Però ripeto che non mi sembra il problema principale, ora.
A proposito di legge elettorale, domani ( oggi per chi legge ndr) arriva in Aula il testo approvato in Commissione.
Siamo molto lontani dal modello tedesco auspicato e su cui avevamo espresso una posizione largamente convergente. Considero, però, un passo avanti il fatto che questa legge elettorale proponga un impianto proporzionale, mettendo distanza rispetto alla lunga stagione del maggioritario. Ci sono luci e ombre, ma a partire da questo valuteremo il nostro comportamento in Aula.
Cominciamo dalle ombre, che cosa manca?
Manca innanzitutto l’aspetto fondamentale del voto disgiunto, ossia la possibilità di votare un candidato nel collegio e poi una lista nella parte proporzionale che sia diversa da quella che sostiene il candidato nel collegio. Inoltre, non esiste la possibilità di accedere alla ripartizione proporzionale, in caso di elezione in almeno 3 collegi uninominali.
Questi elementi sono parte del modello tedesco e potevano essere inseriti senza bisogno di intervenire sulla Costituzione, per questo la loro assenza rende questa legge molto spuria.
Lei la settimana scorsa ha incontrato Renzi, che cosa vi siete detti?
Abbiamo discusso di legge elettorale, che era poi la ragione dell’incontro. Quando si discute delle regole si deve parlare con tutti e io a Renzi ho ribadito che siamo disponibili ad approvare una legge che sia l’applicazione italiana del modello tedesco. Purtroppo, la discussione in Commissione non è rassicurante, ma noi ci batteremo per migliorare il testo anche in Aula e per avvicinarlo ad un modello positivo come quello tedesco. Restano comunque molte criticità.
Renzi lega la nuova legge elettorale ad un voto anticipato. Lei condivide la necessità di far cadere il governo Gentiloni?
Renzi corre molto rapidamente verso le urne. Il Pd ha fissato questo obiettivo in modo esplicito e su questo si sta costruendo la sua alleanza con Forza Italia, Lega Nord e Movimento 5 stelle. Detto questo e da partito che sta all’opposizione, io credo che il governo Gentiloni non abbia molte ragioni di restare in carica, ma mi piacerebbe che il Parlamento, nel tempo che resta, fosse in grado di portare a termine alcune delle leggi impantanate nei cassetti di Camera e Senato.
A quali leggi si riferisce?
Per citarne solo poche, penso alla legge sulla tortura, a quella sullo ius soli e alla legalizzazione della cannabis. Temo, però, che il problema non sia il tempo ma la volontà politica e i rapporti politici.