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Si è sentita male al Centro di prima accoglienza di Venezia, i soccorsi sarebbero arrivati in ritardo ed è morta. Non appena si è diffusa la notizia della morte, i migranti hanno cominciato a protestare fino a scatenare una rivolta. Tutto questo è avvenuto nella notte di lunedì al Cpa veneziano di Cona: carabinieri e polizia sono dovuti intervenire nel centro di prima accoglienza per sedare la rissa che ha costretto gli operatori del centro a cercare rifugio nei locali della struttura, dove sono rimasti poi bloccati per almeno due ore. Tutti stanno bene anche se hanno trascorso momenti di paura quando all’esterno dei loro rifugi molti migranti avevano iniziato a colpire le pareti con bastoni e spranghe.
La giovane donna della Costa d’Avorio – era incinta - si chiamava Sandrine Bakayoko ed era in attesa di una risposta alla domanda di asilo politico. Era arrivata in Italia il 30 agosto. I migranti hanno denunciato un ritardo nei soccorsi: la 25enne – secondo la versione dei compagni - si sarebbe sentita male verso le 8 di mattina, ma i soccorsi sarebbero arrivati solo alle 14. L’ospedale di Piove di Sacco si è difeso, spiegando che l’ambulanza è partita non appena è giunto l’allarme, come hanno confermato fonti mediche. All’arrivo i sanitari hanno trovata la giovane ivoriana già priva di conoscenza e in condizioni disperate. Immediate le manovre rianimatorie durante il trasporto al pronto soccorso, dove però la giovane donna è arrivata priva di vita. Qualcosa che non torna però c’è. Il magistrato di turno Lucia D’Alessandro era stato avvisato in ritardo della morte della ragazza: dai responsabili del centro era stato deciso infatti di trattare la cosa come un semplice caso di morte naturale. Una volta avvisata, la pm D’Alessandro ha chiesto ai carabinieri di compiere tutte le possibili verifiche per chiarire l’accaduto. Solo per questo motivo i carabinieri si sono recati al Cpa di Cona dove hanno poi assistito alla rivolta. La pm ha subito disposto l’autopsia sulla ragazza che ha accertato la morte per una tromboembolia polmonare bilaterale fulminante. L’hanno comunicato il procuratore capo ad interim Carlo Nordio e la titolare dell’inchiesta, tranquillizzando quindi sia sulla possibilità di una malattia contagiosa ( era circolata l’ipotesi di una meningite), sia su fatti violenti. «Non c’è nessun allarme sanitario», hanno sottolineato i magistrati.
Resta comunque aperto il fascicolo - per ora senza indagati, né ipotesi di reato - sul decesso per verificare se ci siano state presunte omissioni nella diagnosi della malattia o se ci siano stati eventuali ritardi nei soccorsi, anche se quel tipo di tromboembolia sarebbe stata difficilmente curabile anche in tempi rapidissimi. La procura ha poi aperto un secondo fascicolo sugli incidenti avvenuti all’interno della struttura di accoglienza. Nel frattempo il ministro dell’Interno Marco Minniti ha disposto il trasferimento di circa cento migranti ospitati nel centro di accoglienza di Cona ( Venezia) in strutture presenti in Emilia Romagna.
Il centro di prima accoglienza del veneziano, da anni, vive in condizioni insostenibili. In un anno e mezzo il numero dei migranti ospitati nel centro è passato da 50 a 1400 persone. Il centro di accoglienza temporanea per i profughi ospitati in provincia è composto prevalentemente di tendoni fra i 500 e i 1500 metri quadri; sono infatti poche le strutture in muratura e hanno comunque una capienza limitata. In ogni tenda dormono centinaia migranti in letti a castello; le donne sono circa 40 e hanno alloggi e servizi separati. Non sono mancate le denunce, soprattutto da parte dell’organizzazione LasciateCIEntrare che da anni si occupa delle condizioni dei centri per gli immigrati. In particolare, nel suo ultimo dossier, ha parlato proprio del centro di accoglienza che è ora sotto riflettori. Spiega che il centro è gestito da Ecofficina, una cooperativa sorta nel 2011 come gruppo dedicato alla gestione dei rifiuti e dalla fine di marzo del 2014 entrata in ambito accoglienza. Con questo passaggio “il suo valore di produzione è passato dagli iniziali 114 mila euro a un milione e 145 mila”. Al momento i suoi responsabili sono indagati dalla Procura di Padova per reati di truffa aggravata e falsità materiale nell’ambito dell’accoglienza dei richiedenti asilo. In Veneto gestiscono diverse strutture: oltre il centro di Cona, anche gli “hub” di Bagnoli e della Prandina a Padova e alcuni centri Sprar ( Servizio centrale del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) per un totale che supera i 1200 richiedenti asilo accolti: la maggior parte dei quali nei tre mega- centri di Cona, Bagnoli e della Prandina.