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«Non ho aggredito verbalmente né inveito contro il dottor Claudio Foti, ho solo scelto di non servirlo. Se lui vuole farne un caso mediatico faccia pure, ma che dica la verità: io non ho offeso nessuno». A dirlo alla Gazzetta di Reggio è il titolare del ristorante emiliano dal quale lo psicoterapeuta Foti e il suo avvocato Giuseppe Rossodivita sarebbero stati cacciati. Foti è imputato nel processo “Angeli & Demoni”, sui presunti affidi illeciti di minori in Val d’Enza, e giorno 11 novembre è attesa la sentenza per il troncone abbreviato, rito scelto dal professionista. Foti e Rossodivita hanno accusato il ristoratore di aver inveito contro lo psicoterapeuta, apostrofato come il «lupo che rapisce i bambini». Accusa, questa, dalla quale il 36enne si difende: «Non ho mai pronunciato offese, li ho solo invitati ad andarsene. È stata una scelta personale. Il locale era pieno di gente, due camerieri e diversi altri clienti possono testimoniare». Secondo il titolare mercoledì scorso alle 21.30 «Foti si è presentato con un avvocato; tra l’altro quest’ultimo non aveva il Green Pass ma voleva entrare lo stesso, il che mi ha infastidito. Io ero seduto a un tavolo di fianco al loro e quando un conoscente mi ha chiesto chi fosse gli ho spiegato che era il dottore dello scandalo Bibbiano, “quello che dicono si travestisse da lupo” (circostanza mai verificatasi, stando alle indagini, ndr). La definizione “lupo di Bibbiano” non l’ho pronunciata». «Erano a metà comanda: avevano avuto l’acqua, dovevano ordinare. L’ho invitato ad andare via perché non avevo intenzione di servirlo. Con calma ho spiegato che preferivo non servirlo. Lui ha protestato dicendo che non è ancora stato giudicato, ho replicato “lo so ma non me la sento”». Alla domanda se sia coinvolto nel caso Bibbiano il ristoratore ha precisato: «Non sono stato coinvolto in alcun modo, sono uno spettatore ignorante, anche se la vicenda mi ha colpito molto; mi immedesimo nei panni delle famiglie coinvolte. Poi può darsi che il dottore sia innocente; in tal caso mi scuserò. Ma nel dubbio, in quel frangente, non me la sono sentita di servirlo. In questa storia spero di sbagliarmi e di essere io il mostro. Ripeto: è stata una scelta personale, ho solo esercitato il mio diritto di pagare un’eventuale sanzione e di non accettare un cliente. Alcune persone mi hanno incoraggiato, altre criticato. Io ho agito d’istinto e non me pento».