PHOTO
Carissimo senatore Renzi, ho scritto su questo giornale, nei giorni scorsi, che considero sproporzionata l’iniziativa della magistratura contro i suoi genitori, e che non riesco a non vedere in quegli arresti un'azione evidentemente politica ed evidentemente rivolta contro di lei. Penso che ciò sia grave. Come sono state altrettanto gravi, in passato, altre iniziative dei Pm. Ho apprezzato la sua reazione, che ho trovato ragionevole ma al tempo stessa netta e fiera. E’ stata la reazione di un garantista.
Personalmente sono convinto della necessità che la sinistra ritrovi la sua anima garantista. Purtroppo io credo che la sinistra italiana abbia delle radici che la legano al giustizialismo, radici che hanno origine nel vecchio stalinismo di 40 anni fa, e che poi si sono rafforzate negli anni della lotta al terrorismo e, successivamente, negli anni di “Mani pulite”, quando i magistrati assunsero il monopolio della moralità, dell’etica, dell’autorevolezza, radendo al suolo il prestigio della politica. Garantismo: lettera aperta a Matteo Renzi
E tuttavia è sempre esistito un pezzetto di sinistra ( quello socialista, quello liberale e in piccola misura anche quello cristiano e persino quello comunista) che non ha mai pensato di potere barattare lo Stato di diritto con dei vantaggi politici, o elettorali. Lei naturalmente può farmi osservare che la sua formazione politica ha avuto poco o niente a che fare col “tronco” giustizialista della vecchia sinistra, e neppure con il “tronchetto” girotondino degli ultimi vent’anni. È vero. Ma non è di questo che voglio discutere. Voglio solo farle osservare che il comportamento del Pd, anche in questi ultimi anni, è stato assai altalenante. E che forse - io dico: senza forse - è giunto il momento di criticare apertamente quegli atteggiamenti, e di dare un taglio netto alle tradizioni super- legalitarie e autoritarie.
Mi riferisco a episodi di alcuni anni fa, che però sono stati molto gravi, ma anche ad avvenimenti più recenti. Il Pd, ad esempio, si schierò per il varo della legge Severino, che non è una legge garantista e che assegna un potere esorbitante alla magistratura, e poi si schierò per la sua applicazione retroattiva, giungendo a determinare l’espulsione dal Parlamento del capo dell'opposizione. Cosa mai avvenuta nel dopoguerra. Quel giorno i senatori dei 5 Stelle esposero uno striscione di tipo fascista: “Fuori uno, tutti a casa”, che riecheggiava il famoso discorso di Mussolini sul “bivacco di manipoli”: non ricordo che il suo partito insorse.
Il Pd sollecitò qualche mese dopo le dimissioni del ministro Lupi e poi della ministra Guidi, che pure non erano nemmeno stati indagati, ma travolti dai giornali, dai 5 Stelle e dalle fughe di notizie ( intercettazioni prive di qualunque valore penale) permesse da pezzi della magistratura e cavalcate, fuori da ogni etica professionale, dai giornalisti. Ricorderà sicuramente i colloqui assolutamente privati tra la ministra Guidi e il suo fidanzato, sbattuti in prima pagina. Fu un’infamia, lo sa: un’infamia. Non ci fu reazione del Pd, e Guidi fu scaricata. Si dimise. Come era stato scaricato, qualche mese prima, il segretario del partito in Campania, Stefano Graziano, che poi fu assolto da tutto - proprio da tutto - ed ora credo che sia commissario del Pd in Calabria. In Parlamento il Pd ha votato molte volte a favore dell’arresto di deputati o senatori avversari, o persino alleati. Penso all’arresto del senatore Caridi, deciso quattro giorni dopo l’invio da parte della magistratura di una richiesta lunga 4000 pagine, e dunque deciso senza defezioni e senza che nessuno avesse letto neppure un centinaio di quelle pagine. Un anno dopo la Cassazione disse che l’arresto non era legittimo, ma il Parlamento non se ne era accorto, e neanche il Pd.
E’ stato così con Minzolini, anche lui buttato fuori dal Senato, col voto del Pd, dopo che un giudice lo aveva condannato e senza che nessuno avesse niente da dire sul fatto che questo giudice era stato in precedenza un deputato del centrosinistra, avversario politico di Minzolini. Alcuni senatori del Pd si dissociarono. Ma il resto del partito fu compatto. Mi fermo qui, ma l’elenco potrebbe continuare per diverse pagine.
Voglio solo fare un accenno all’ultimo caso, e cioè al voto contro Salvini. Ho letto l’intervista del presidente del Pd all’Huffington Post e in gran parte la condivido. C’è un punto però che non posso accettare: la distinzione tra il caso Renzi e il caso Salvini. E’ chiaro che nel caso dei suoi genitori quel che colpisce è la sproporzione del provvedimento. Quanta gente è stata messa in custodia cautelare per il sospetto di due o tre fatture gonfiate? Forse mai nessuno. Giusto. Ma secondo lei non c’è nessuna sproporzione nel chiedere che il ministro Salvini sia processato per sequestro di persona, come i banditi sardi negli anni sessanta o la banda della Magliana? E’ evidente la sproporzione che rende lampante il valore politico, e non giudiziario, delle accuse. E allora perché il Pd non ha votato contro l’autorizzazione a procedere? Per non assomigliare a Berlusconi, accusato spesso di volersi difendere dai processi e non nei processi? Senatore, guardi che io penso tutto il male possibile delle politiche di Berlusconi ( e ancora molto, molto più male di quella di Salvini) ma sul terreno del garantismo, Berlusconi è stato sempre coerente e imparziale, e se si vuole essere davvero garantisti non c’è niente di male ad imitarlo. Anzi, è necessario.
Ieri, in un’intervista concessa a Paola Sacchi, la senatrice Stefania Craxi ( che è la figlia di uno statista che fu malmenato dalla giustizia) l’ha invitata a dare un taglio netto col vecchio giustizialismo della sinistra. Ha ragione la senatrice Craxi. La ascolti. In questi giorni ho letto molte dichiarazioni di esponenti del Pd che difendono lei e accusano i leghisti. Chiedono perché la magistratura si accanisca coi suoi genitori e perdoni Salvini per la Diciotti o per i 49 milioni. Possibile che non si riesca a esprimere il proprio garantismo senza chiedere punizioni per gli altri? Possibile che anche il Pd debba restare imprigionato in quel livello infimo della polemica, tipico dei 5 stelle, che suona così: “E allora gli altri?”
Senatore, il garantismo è uno solo: uno. Non ammette pause, non ha variabili. Se il garantismo accetta un’eccezione muore. Non esiste più. Vale per San Francesco e per Riina. Il garantismo pone lo stato di diritto al di sopra di tutto, impone che lo stato di diritto non sia negoziabile, non possa essere emendato, corretto, limitato, adattato alle circostanze. E’ difficile, per un politico, essere garantista: ma è necessario, se vogliamo che la modernità sia uno sviluppo della civiltà e non una sua sospensione.
Lei è in grado di imporre questa svolta? E’ in grado di promettere che non userà mai più la leva della giustizia e del moralismo come strumento di lotta politica? Di giurare che la grande lezione di Aldo Moro - penso proprio al Moro del discorso a difesa della Dc sulla Lockheed e poi al Moro delle lettere dal covo delle Br - diventerà la sua bussola?
Io ci spero.