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Brexit svolta Corbyn. Should I stay or should I go, il celeberrimo brano dei Clash è la migliore colonna sonora della politica portata avanti dal leader laburista Jeremy Corbin.
Spiazzando tutti, tranne chi è abituato alle sue piroette, ha annunciato che il partito vuole un referendum, il secondo, su un’eventuale uscita dalla Ue.
Un esito a sorpresa che riguarderà qualsiasi intesa che riusciranno a partorire i Conservatori, inclusa l’eventualità di un “No Deal”, un mancato accordo i cui risvolti sono difficilmente prevedibili.
In ogni caso i laburisti faranno campagna a favore del “Remain”, la permanenza nell’Unione europea.
Contraddizioni palesi
Viene così a cadere una delle poche certezze fornite da Corbyn sulla Brexit cioè il rispetto del primo referendum del 2016, punto di partenza per tutte le fibrillazioni politiche in terra d’Albione che ha avuto come vittima principale la premier Theresa May.
Anche se, è qui sta la contraddizione principale, in caso di vittoria laburista alle elezioni generali allora si tornerebbe al rispetto della consultazione che vide prevalere il “Leave”.
Un partito diviso
Per gli elettori e militanti laburisti sarà una dura prova mantenere una rotta condivisa, gli equilibrismi del leader sono il frutto del tentativo di mantenere unite le anime del partito.
Diviso tra gli epigoni di quello che fu il New Labour di Blair e il blocco socialista classico.
L’incertezza tra uscire o rimanere nella Ue però è stato vista come un segno di debolezza, i risultati delle elezioni Europee hanno certificato una sconfitta dovuta proprio alle troppe titubanze e ondeggiamenti.
Era così giunto il momento di una posizione precisa sulla Brexit allontanando il rischio di una balcanizzazione interna che stava diventando sempre più evidente.
Il voltafaccia dei fedelissimi
Una situazione nella quale anche i fedelissimi del leader laburista non nascondevano più i loro mal di pancia, come nel caso del ministro delle finanze “ombra” John McDonnell il quale si era spinto a chiedere pubblicamente a Corbyn una più convinta politica pro Europa.
Probabilmente la svolta vera è maturata dopo la presa di posizione del blocco più vicino ai socialisti, le Trade Unions.
I sindacati, che temono dure ricadute economiche della Brexit sui lavoratori si sono riuniti esprimendosi a favore di una linea europeista, convincendo anche i più refrattari ed euroscettici.
Resta da vedere quale sarà la reazione delle zone operaie del nord che avevano votato in massa per la Brexit.