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Succede tutto in fretta. Il passaggio di testimone previsto per oggi tra Piercamillo Davigo e Eugenio Albamonte capita all’Anm poche ore dopo il sì della Camera alle norme su toghe e politica. Come se non bastasse lunedì è in calendario l’udienza sul caso di Michele Emiliano alla sezione disciplinare del Csm. Concomitanze se non proprio fatali quanto meno impegnative. Perché le ultime due questioni sono tra quelle che dividono le correnti dei giudici. E perché la staffetta alla presidenza tra l’ex pm di Mani pulite e il più giovane collega della Procura di Roma è già in sé una sterzata non da poco per la linea dell’Associazione magistrati. Il grado di tensione si misurerà nel comitato direttivo centrale fissato per le 10 di stamattina. Appuntamento tutt’altro che riducibile a una burocratica rotazione delle cariche. Intanto, col nuovo presidente, il “parlamentino” indicherà una giunta rinnovata anche in tutti gli altri componenti.
Acominciare dal segretario generale che subentrerà a Francesco Minisci, ovvero il giudice della Corte d’appello di Napoli Edoardo Cilenti ( Magistratura indipendente). Ma soprattutto, si inizierà a fare i conti con le visioni molto diverse delle correnti che si avvicendano nella carica di vertice: quello di Davigo, Autonomia & Indipendenza, è il gruppo “di rottura”, all’interno del sindacato dei giudici, molto severo nel valutare le scelte del Csm, nettissimo nel criticare i mandati politici per le toghe, poco incline ad aperture nei confronti dell’avvocatura. Sarebbe improprio parlare di magistratura “di destra”, ma su tante questioni l’orientamento è diametralmente opposto a quello dei giudici “progressisti”. E infatti Albamonte rappresenta un punto di vista assai diverso: è espressione di Area, la casa comune che il suo gruppo, Magistratura democratica, condivide con Movimento per la giustizia. Proprio la storica corrente di “sinistra” è assai meno preclusiva sulla partecipazione dei colleghi al dibattito pubblico, tanto da aver sostenuto il No al referendum. Area, e Md in particolare, sono i soggetti dell’associazionismo giudiziario più disponibili ad aperture agli avvocati nei Consigli giudiziari, spingono per dialogare con i sindacati degli amministrativi e diffidano di certi eccessi polemici nei confronti del Csm. Che la presidenza dovesse toccare un anno ciascuno a tutte e quattro le correnti ( le altre due sono e Unicost e appunto Magistratura indipendente) è stabilito da aprile 2016. Ma dopo un anno di incessanti incursioni mediatiche di Davigo, e di attacchi alla politica che «nemmeno si vergogna più di rubare», dare seguito al programma non è facile.
Il gruppo di “A& I” ha diffuso un comunicato in cui giudica «insufficienti» i limiti alle candidature dei magistrati sedotti dalla politica. E con la polemica divampata alla Camera ancora ben viva, è inevitabile che nella riunione di oggi il tema susciti tensione. Dentro “Mi” c’è chi, come il togato Luca Forteleoni, dà per probabile un’imminente fuoriuscita del gruppo di Davigo dalla giunta unitaria. Non è un’ipotesi fantascientifica. Certo, oggi “A& I” indicherà regolarmente i due rappresentanti del direttivo che entreranno nella nuova giunta: uno sarà senz’altro il pm napoletano Francesco Valentini, che assumerà la carica di vicesegretario generale, l’altro dovrebbe essere il sostituto pg presso la Corte d’appello di Venezia Michele Consiglio. Autonomia & Indipendenza spinge intanto per istituire all’Anm un “gruppo di lavoro” che analizzi tutte le “disfunzioni” del Csm. In particolare, proprio Davigo ha posto la questione dei «criteri seguiti nell’assegnazione degli incarichi, ritenuti incomprensibili da tanti colleghi». Secondo “A& I” si dovrebbe dunque muovere l’Anm nella logica dell’ «autogoverno diffuso». Se nella nuova fase questi e altri temi su cui la corrente di Davigo batte molto non suscitassero consensi, una fuoriuscita dalla giunta unitaria sarebbe tutt’altro che remota. Con Autonomia & Indipendenza all’opposizione tutto rischia di diventare difficile, proprio per una linea intransigente dei “davighiani” che ricorda un po’ la vocazione antipolitica dei cinquestelle, e che rischia di diventare insopportabile per le altre correnti. Oggi tirerà dunque aria di tregua armata. Si metteranno sul tavolo le carte, e i nomi del nuovo “esecutivo”: con Albamonte, Area porterà in giunta la giudice di Roma Silvia Albano. Da Unicost verrà il nuovo vicepresidente Antonio Sangermano, capo della Procura per i minori di Firenze e tra i componenti più noti del “parlamentino”: è stato tra l’altro uno dei pm al processo Ruby. Il suo gruppo indicherà anche la giudice di Lecce Rosanna Giannaccari e la consigliera di Corte d’appello a Reggio Calabria Tommasina Cotroneo. Mentre Magistratura indipendente sarà rappresentata in giunta, oltre che da Cilenti, dal pm di Venezia Stefano Buccini. Una rosa equilibrata, ma dovrà fare i conti con divergenze che il congedo di Davigo renderà assai meno tollerabili.