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Nel carcere di Parma ci sono almeno tre detenuti novantenni reclusi al 41 bis ( cioè nel regime di carcere duro), tra i quali uno che presenta i sintomi dell’Alzheimer. L’istituto di Parma è un carcere di alta sicurezza noto per aver ospitato negli ultimi anni detenuti al 41 bis come Bernardo Provenzano (deceduto nel luglio dello scorso anno), Raffaele Cutolo ( il fondatore della Nuova Camorra Organizzata), Totò Riina ( che ha raggiunto la soglia degli 86 anni) e Massimo Carminati che è in attesa di giudizio.
Poco noto il fatto che al 41 bis ci sono numerosi detenuti ultra ottantenni, tra i quali Francesco Barbaro - 90 anni compiuti il 13 maggio scorso - che presenta patologie cliniche incompatibili con la carcerazione speciale. A rivelarlo è Rita Bernardini, coordinatrice della presidenza del Partito Radicale. Dalla cartella clinica penitenziaria, sempre secondo l’esponente radicale, è emerso che Barbaro presenta dei deficit cognitivi, disturbi della memoria e altre patologie legate alla sua età avanzata. Al momento risulta che non ci sono criticità tali da ricoverarlo d’urgenza, ma potrebbe da un momento all’altro peggiorare. Infatti gli stessi sanitari dell’istituto penitenziario avrebbero espresso il parere favorevole per un suo trasferimento. Eppure, nonostante ciò, persiste la carcerazione speciale al 41 bis in quanto è considerato ancora un soggetto pericoloso e in grado di mantenere rapporti con la criminalità organizzata.
Francesco Barbaro, detto U castano, appartenente alla ‘ ndrangheta, era conosciuto negli anni 80 come il re dei sequestri. Fu arrestato il 5 gennaio del 1989 e detenuto fino al 5 febbraio del 2013. Dopodiché, all’età di 88 anni, accusato di essere stato l’esecutore materiale dell’omicidio del brigadiere dei carabinieri Antonino Marino, ucciso a Bovalino il 9 settembre del 1990, viene arrestato a settembre del 2015 e condannato all’ergastolo. Avendo avuto un passato di ‘ ndranghetista, l’ergastolo lo sta scontando tuttora nel regime del 41 bis.
La sezione speciale del 41 bis del carcere di Parma, più che a un carcere assomiglia sempre di più a un ospizio per anziani con problemi di salute e acciacchi dovuti dall’età. L’età media continua ad alzarsi. A confermarlo è il garante locale dei detenuti Roberto Cavalieri. Raggiunto da Il Dubbio, spiega che attualmente alla sezione del 41 bis vi sono reclusi 65 detenuti, con l’età media che raggiunge quasi i 65 anni.
Alcuni sono giovani, ma la media si alza a causa dell’invecchiamento dei detenuti. A questo va aggiunto il discorso sanitario. Sì, perché oltre ai tre novantenni, ci sono anche diversi ultra 80enni che necessitano di cure. Infatti, appena si liberano i pochi posti della sezione terapeutica alla quale l’amministrazione penitenziaria assegna i detenuti per il trattamento di patologie in fase acuta o cronica in fase di scompenso, subito vengono rimpiazzati da coloro che stanno male. A tal proposito il garante Cavalieri spiega che tale reparto – adibito per un massimo di 30 posti - è diventato un punto di riferimento anche per gli altri penitenziari: inviano i loro detenuti ( anche comuni) malati che, una volta superata la fase diagnostica, rimangono nel carcere.
Cavalieri, riferendosi al reparto sanitario, parla di un vero e proprio “parcheggio”. Ma non solo. Il garante denuncia che nell’ospedale parmense c’è il “repartino” adibito per i detenuti che necessitano di cure urgenti. Non a caso viene definito con un diminutivo: è composto solo da tre stanze e attualmente vi sono ricoverati tre detenuti del 41 bis. Pluri- ottantenni anche loro. Una assistenza sanitaria così carente che va a sommarsi alle patologie legate sia alla vecchiaia che alla salute precaria dei detenuti reclusi nell’istituto penitenziario.
Il garante Cavalieri spiega che il carcere di Parma è una casa di reclusione che al suo interno è suddivisa in quattro strutture: una per i detenuti in alta sicurezza ( AS3), un’altra per i detenuti comuni di media sicurezza, un’altra ancora per l’alta sicurezza per gli ex 41 bis ( AS1) e infine il 41 bis. In totale risultano 610 detenuti, il 10% dei detenuti ha più di 65 anni e – secondo una stima del garante - tra 10 anni raddoppieranno. Il 17% hanno 5 o più diagnosi croniche: patologie respiratorie, delle arterie, cerebrovascolari, delle basse vie respiratorie e quelle osteoarticolari registrano valori di prevalenza più che doppi per il servizio.
Una vera e propria bomba sanitaria che produce disagio e ostruisce i percorsi di riabilitazione prevista dalla nostra costituzione. Un problema che porta al disagio psichico fino a concludersi anche con il suicidio. Come già denunciato dal garante Cavalieri, l’ultimo suicidio avvenuto al carcere di Parma riguarda un 76enne che viveva in un reparto per disabili.
Lo scorso aprile invece un uomo di 62 anni, A. T. cittadino italiano, è deceduto in una sezione di alta sicurezza dopo che da diverso tempo protestava per le sue precarie condizioni di salute e la insufficienza delle cure ricevute. Sul caso, sentito il legale del detenuto, si è potuto appurare che alcuna diagnosi era stata ancora rilasciata dai sanitari.
A proposito del 41 bis il garante ci ha consegnato questa sua riflessione: «L’attenzione per questi detenuti va posta al fine di evitare l’innescarsi di fenomeni afflittivi limitando gli strumenti di impedimento all’esercizio della libertà personale alle sole attività finalizzate all’impedire la relazione tra il detenuto e l’organizzazione criminale.
Tutte le misure finalizzate a impedire il collegamento con l’esterno sono quindi legittime ma non lo sono quelle che rendono più intollerabile la pena». Ad esempio si domanda che bisogno c’è – come accade al carcere parmense di puntare la videocamera anche sul water?