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«Non siamo più ai soccorsi, è il primo atto di pirateria, di delinquenza in alto mare». Matteo Salvini non usa mezzi termini nel commentare le notizie che arrivano dal Mediterraneo, dove 108 migranti soccorsi da un mercantile in zona Sar libica avrebbero dirottato l’imbarcazione verso Malta. A sentire il Viminale, infatti, l’equipaggio della "Elhiblu 1" stava riportando a Tripoli i naufraghi appena fatti salire a bordo, quando il natante avrebbe effettuato «un cambio di rotta repentino» a 6 miglia dalla capitale libica. «Sappiano che le acque territoriali italiane le vedono con il cannocchiale, non sono naufraghi ma pirati», dice ancora Salvini, poco dopo l’incontro al Viminale con Rami e altri 4 ragazzi scampati all’attentatore di San Donato milanese. E se il segretario del Carroccio esclude ogni possibilità di attracco in Italia, La Valletta non vuole essere da meno. Le autorità maltesi hanno infatti chiarito che non consentiranno l’ingresso ai migranti, schierando unità navali militari al limite delle acque di competenza.
A monitorare la situazione non c’è però solo il ministero dell’Interno italiano, anche Mediterranea Saving Humans, la Ong armatrice della nave Mare Jonio proprio ieri dissequestrata dalla procura di Agrigento. «Alla “Elhiblu 1” deve essere immediatamente assegnato un porto sicuro in un Paese europeo dove alle persone salvate siano garantiti i diritti umani fondamentali», fanno sapere dalla Ong. «Queste persone non possono né devono essere trattate come “pirati” o criminali, ma come richiedenti asilo in fuga dall’inferno dei campi di detenzione libici», sottolineano.
L’argomento, però, non scalfisce le convinzioni di Matteo Salvini che da Facebook ribadisce: «Dico ai pirati: l’Italia scordatevela. Questa è la dimostrazione che non si tratta di un’operazione di soccorso ma di un traffico di esseri umani gestito in maniera criminale».
Il ministro dell’Interno, dunque, prosegue sull’ormai consueta linea dei porti chiusi nonostante proprio ieri si sia aperto un nuovo fronte giudiziario potenzialmente pericoloso. Ancora una volta, infatti, il capo della Lega è finito sotto la lente d’ingrandimento della magistratura per un presunto sequestro di persona, del tutto simile a quello già esaminato dal Senato in merito al caso Diciotti: quello della Sea Watch. La vicenda risale al gennaio scorso, quando per 12 giorni la nave con 47 naufraghi a bordo fu bloccata davanti al porto di Siracusa, prima di avere l’ok allo sbarco a Catania. Per la Procura di Roma, che ha girato il fascicolo ai colleghi di Siracusa, che a loro volta lo hanno inoltrato a Catania, potrebbero esserci gli estremi per contestare il sequestro di persona. Non solo. In quell’occasione, persino il capo dei pm etnei, Carmelo Zuccaro, solitamente poco indulgente con le Ong, non aveva segnalato «nessun rilievo penale nei confronti dell'equipaggio». Anzi, «la situazione di “distress” giustificava il soccorso da parte di Sea Watch 3», scriveva Zuccaro, «dovuta, oltre che alla palese inidoneità tecnica del gommone ad affrontare la traversata, alla circostanza, confermata dai migranti escussi, circa il progressivo sgonfiamento dei tubolari del gommone, da cui tutti sentivano fuoriuscire dell’aria, sgonfiamento che avrebbe inesorabilmente portato all’affondamento del natante» . Salvini ostenta serenità e su Facebook ironizza: «È in arrivo un altro processo nei confronti del cattivone ministro Salvini? Non lo so, lo scopriremo insieme solo vivendo come diceva Lucio Battisti», scandisce. «Però io non cambierò mai idea, in Italia si arriva solo col permesso. I porti italiani sono sigillati», rivendica.
Magari anche questa volta avrà condiviso la scelta con Di Maio e Conte. Almeno al telefono.