Il “nazionalismo occidentale” che la premier italiana Giorgia Meloni ha tirato fuori dal metaforico uovo di Pasqua aperto alla Casa Bianca, fra l’incontro col presidente americano Donald Trump e la conferenza stampa che ne è seguita, è in natura un ossimoro. L’Occidente è lontano ancora di più dal concetto e dalla pratica della Nazione di quanto non sia l’Europa pur nell’involucro dell’Unione delle 27 Nazioni che la compongono, direbbe la Meloni per il fastidio, o quasi, che avverte parlando o sentendo parlare di Paesi. Nazioni Unite, d’altronde, è anche l’ossimoro dell’omologa, enorme organizzazione mondiale che ha sede a New York.

Ma l’ossimoro adottato dalla Meloni è funzionale alla priorità che costituisce per lei la questione ucraina. Anche rispetto ai dazi che fra minacce, annunci, sospensioni e altro hanno prevalso nella rappresentazione dei rapporti fra l’America a gestione trumpiana e il resto del mondo, oltre all’Europa.

L’Occidente anch’esso “great again”, e “più forte”, che persegue la Meloni, ben oltre gli Stati Uniti promessi da Trump ai suoi elettori, è oggi minacciato dal rischio concretissimo di una pace in Ucraina più favorevole a Putin che a Zelensky. Del quale il presidente americano ha ribadito di non essere «un fan», senza tuttavia insultarlo, come fece direttamente, sempre alla Casa Bianca, e soprattutto senza contestarne il ruolo di “aggredito” riconosciutogli dall’ospite. Aggredito, in particolare, dalla Russia di Putin tornata all’imperialismo zarista, dopo il fallimento di quello sovietico.

Una Ucraina umiliata da una pace più imposta che trattata, non certo garantibile da una forza di interposizione delle Nazioni Unite, con tanto di caschi blu, vista l’esperienza del Libano e dintorni in Medio Oriente, sarebbe una spina troppo grande nel fianco europeo.

Se ne dovranno, o dovrebbero rendere conto prima o dopo - speriamo più prima che dopoi vari esperti o inviati di Trump nelle aeree geografiche e politiche dove gli Stati Uniti hanno incontrato più difficoltà del previsto sulla strada non della pace ma solo di una tregua. Esperti - temo anche per le storie che ne hanno raccontato i giornali- più di affari immobiliari e finanziari che di affari politici, o addirittura geo- politici.

In questa situazione, essendo in programma, dopo l’incontro alla Casa Bianca fra Trump e Meloni, un viaggio del presidente americano a Roma in cui potere inserire un incontro anche fra lui e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, come la premier italiana sembra avere proposto direttamente a Putin dietro le quinte, la questione ucraina potrebbe trovare finalmente l’occasione e la sede appropriate in cui essere trattata, diciamo pure negoziata, coniugando davvero pace e sicurezza. E mettendo un po’ d’ordine anche in un certo disordine avvertito nel vecchio continente con iniziative sovrapposte e persino concorrenti, alle quali ha partecipato anche la Meloni avvertendone e lamentandone i limiti.