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© Roberto Monaldo / LaPresse 29-10-2007 Roma Interni Nella foto La sede del CSM
Caro Ministro, soltanto la vecchia stima verificata in tanti anni e la mia lunga esperienza nel Parlamento sui problemi della giustizia, mi consentono di inviarti un mio messaggio.
Ho scritto varie volte sui problemi della giustizia in questi anni, ti ho dedicato articoli anche molto critici, ho invocato il tuo impegno ad attuare quello che hai sostenuto nei tuoi libri e finalmente ci troviamo di fronte ad un testo di legge che tenta di risolvere il problema cruciale della organizzazione giudiziaria e del processo penale Ti trovi di fronte ad un mare di critiche ma anche ad adesioni a volte non previste. Nessuno poteva mai immaginare che il governo Meloni, dopo tentativi anche personali nei tanti anni passati ad affrontare questo problema spinoso e avversato, non si capisce bene perché, dai magistrati, sarebbe riuscito nell’intento sia pure dopo interventi legislativi molto discutibili. E perciò provo a fare una riflessione di merito per offrirti un contributo.
Ho partecipato attivamente alla redazione del codice di procedura penale (che non chiamo più “nuovo”) e ricordo le tante volte che, da parte del ministro Vassalli e del sottoscritto, è stato detto che la riforma avrebbe determinato inevitabilmente la modifica della Costituzione perché il processo “accusatorio” è ben diverso da quello “inquisitorio”. È vero che negli anni la Corte Costituzionale ha falcidiato quelle norme e che l’ “azione” dei magistrati ha “deviato” alcune norme dallo specifica significato, ma è urgente ricondurre il processo al suo valore originario nell’interesse dei cittadini sempre invocato! La speranza è che la separazione dei “ruoli” e dei “mestieri” possa servire a questo scopo perché non vale eccepire che il passaggio dalle funzioni requirenti a quella giudicante è ridotto al minimo.
È una valutazione approssimativa che non tiene conto del processo accusatorio che dà rilevanza al dibattimento e non all’indagine preliminare come oggi avviene. Si tratta di una riforma di struttura del processo, del significato vero che il processo deve avere.
Mi ha molto impressionato la dichiarazione di un magistrato che ha detto che «il p. m. è il primo giudice che il cittadino incontra». In questa frase sta l’equivoco insieme alla manifestazione di una vecchia cultura. Questo valeva per il processo inquisitorio, dove l’unità della giurisdizione consentiva appunto un tipo di processo completamente diverso oserei dire sul piano filosofico, sistematico e pratico rispetto a quello accusatorio.
Quel processo consentiva la famosa frase che ascolto da cinquanta anni: “la cultura della giurisdizione” necessaria per i pubblici ministeri per la quale ho ironizzato tante volte con Falcone che era sin da allora più…. moderno di tanti!
Quindi il processo dell’’ 89 doveva portare ad una nuova cultura e notiamo che ahime! non vi è stata. I costituenti nel 1948 così illuminati hanno “separato” la magistratura per evitare qualunque equivoco da parte di uno Stato che si avviava alla democrazia e si trovavano di fronte al vecchio codice che prevedeva la giurisdizione come prerogativa unitaria dell’” autorità giudiziaria” Ed è questa “autorità” che inganna i cittadini e inganna in maniera sorprendente quel magistrato che ho prima citato. Diciamo una profonda verità: la confusione regna da sempre perché tutti i magistrati vengono chiamati “giudici”, dalla stampa in particolare e quindi l’opinione pubblica non crede che il p. m. “accusi” ma che decida perché… è “autorità giudiziaria”.
Sostengo che per evitare un giudizio negativo che immediatamente i cittadini si fanno di fronte ad una inchiesta, bisogna far cambiare anche qui la cultura, perché il p. m. accusa, ed è una parte che “può dire che vuole”, così come il difensore, e poi il giudice decide, indipendente e soprattutto “terzo”, perché il processo è il contraddittorio tra le “parti”.
Le critiche di molti e, con intelligenza da parte del mio amico Violante è che il pm con un CSM di riferimento “aumenterà” il potere della magistratura “requirente” e quindi è “pericoloso per la democrazia”, sono da considerare con grande attenzione.
In verità mi viene subito da dire che è difficile che il pm diventi più “potente”, più dominus di quanto non lo sia oggi, e quindi “pericoloso per la democrazia”, ma l’equilibrio nella riforma lo si può trovare nella composizione del CSM a maggioranza di laici per evitare eccessiva “autonomia” (che è pur sempre un istituto dell’aciern regime) e soprattutto “separatezza”, e per coordinare i due “ordini” che oggi sono “poteri” come poi tutti riconosciamo. D’altra parte l’obbligatorietà dell’azione penale può essere regolata dalla indicazione del Parlamento sulle priorità da osservare come indicazione e come programma, e l’istituzione dell’Alta Corte risolvono tanti problemi.
Aggiungo che per determinare un’armonia istituzionale ed evitare contrasti tra la politica e la magistratura sarebbe necessario ripristinare l’autorizzazione a procedere che un legislatore sciagurato abolì nel lontano 1993 e che tanti danni ha determinato sull’equilibrio dei poteri, e si potrebbe rivisitare la proposta di Pietro Calamandrei di un procuratore generale, Commissario della Giustizia garante della Uniformità dell’azione penale.
A questo punto non posso non esprimere le mie forti perplessità sul “sorteggio” per la composizione del CSM che vede la perplessità di tanta cultura giuridica, che pur deve essere ascoltata, per il quale si spera in un ripensamento.
Il CSM rappresenta i magistrati, è organo costituzionale e non può essere svilito, altrimenti sarebbe meglio eliminarlo, e la rappresentanza non può avvenire, in epoca moderna, costituzionale e democratica, con il sorteggio. Ancor più anomalo è il sorteggio per il Parlamento, è un vero e proprio oltraggio.
Aggiungo per la mia esperienza che il rimedio sarà certamente peggiore del male perché le correnti a cui sono iscritti tutti i magistrati saranno ancora più presenti magari a più basso livello, perché il patriottismo correntizio sarà più accentuato e i capi – corrente determineranno una organizzazione più capillare!: esperienza vissuta!
Per ultimo mi permetto di rilevare che la parola “carriera” è prosaica e non sta bene in Costituzione. E invece la indicazione del “ruolo”, è più appropriata e sarebbe molto più compresa dai cittadini quando sarà celebrato il referendum perché ognuno capirà che si tratta di mestieri diversi. Questa la ratio vera della riforma che gli elettori capiranno. Un mio saluto particolare