Un magistrato sa persino meglio dell’indimenticabile Nanni Moretti di Palombella rossa  che “le parole sono importanti”. In diritto, in un processo – e prima ancora in un atto, pubblico o privato che sia, sul quale poi un giudice fosse chiamato a esprimere un giudizio di legittimità, di correttezza –, un verbo, una singola espressione, a volte persino un tratto di punteggiatura, cambiano le cose. Possono voler dire che un atto è lecito. E possono determinare il segno di una decisione, il “non luogo a procedere” o la censura.

Ora, nei giorni scorsi questo giornale, e in particolare Simona Musco, si sono impegnati a riferire di alcuni aspetti dello sciopero Anm. Soprattutto della comunicazione rivolta dall’Anm ai propri iscritti. E in particolare delle richieste, trasmesse dal “sindacato” delle toghe ai colleghi, di comunicare, preventivamente, la volontà di aderire o meno alla protesta.

Tra le comunicazioni inviate dall’Associazione magistrati a giudici e pm di tutta Italia, ce n’è una cruciale. In cui probabilmente si scorge, se non proprio una violazione del diritto alla privacy, quanto meno una confusione, un’ineleganza. Difficile dire se quel passaggio, sottoposto al Garante per la protezione dei dati personali, potrebbe integrare un pur lieve inosservanza delle regole sulla riservatezza, e in particolare di quelle che impongono il rispetto della riservatezza anche nell’ambito del diritto costituzionale allo sciopero.

Ci riferiamo alla mail che la Giunta esecutiva centrale dell’Anm ha diramato ai propri iscritti la settimana scorsa, in cui si legge la seguente frase: “L’adesione allo sciopero va formalizzata mediante l’invio alla segreteria del proprio ufficio giudiziario del modulo reperibile sul sito dell’Anm a questo link”, e fin qui tutto bene, considerato che il link in questione – attivo, cioè riportato in modo da consentire l’apertura di una pagina web nel momento in cui ci si clicca sopra – rimanda a una breve prestampato da compilare e consegnare appunto, com’è necessario, al capo del proprio ufficio, che si tratti di una Procura o di un Tribunale. Il punto è che il periodo, la frase, non si chiude lì. C’è una virgola, e dopo la virgola la lettera ai magistrati informa che l’adesione allo sciopera va

anche “comunicata alla segreteria dell’Anm, al solo fine di consentirci di raccogliere in tempo reale il dato statistico della adesione allo sciopero nel rigoroso rispetto della privacy, compilando il seguente form 'Scheda adesione sciopero'”. E no, signori magistrati. Alla segreteria dell’Anm l’adesione non “va” – anzi non andava, perché ormai il dado è tratto – comunicata. Avreste dovuto, da subito, scrivere che, chi avesse voluto, “poteva” comunicarla anche alla segreteria dell’Anm, e prestare così

il consenso al trattamento dei propri dati. Tale delicata, specifica – ma importantissima per il diritto alla privacy – precisazione è resa davvero esplicita (e non più solo vagamente affidata a quell’inciso “nel rigoroso rispetto della privacy...”) solo al momento di aprire il form digitale “linkato” alla fine della frase. A quel punto, in coda, ma proprio in coda al form digitale, compare finalmente la formuletta imposta dal decreto legislativo 196 del 2003, il Codice della privacy appunto, e dal più recente Regolamento europeo: “Letta l’informativa presto il mio consenso alla comunicazione dei miei dati personali relativi alla mia adesione allo sciopero indetto dall’A. N. M. per il 27 febbraio 2025 alla Segreteria Generale dell’A. N. M., nei limiti in cui la comunicazione sia essenziale per la realizzazione delle finalità indicate al punto 1) dell’informativa che precede”.

Forse non c’è una violazione, c’è solo un filo di ambivalenza. Non lo sappiamo. Qualora un magistrato si rivolgesse al Garante, sarà quest’ultimo a pronunciarsi. Ma da chi scende in campo per difendere la Costituzione dal feroce guardasigilli Carlo Nordio, ci saremo aspettati un po’ di premura in più per una cosa che sta certamente al di sotto della Costituzione, e che è quel codice di 22 anni fa. Dai magistrati, dobbiamo confessarlo, ce lo saremmo aspettati davvero.