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Gli stessi evocati dalla presidente dell’europarlamento Roberta Metsola nel suo drammatico intervento nell’emiciclo di Strasburgo in cui ha ribadito che non ci sarà impunità, che Bruxelles darà piena assistenza alle indagini in corso ma che la presunzione di innocenza è uno dei principi del diritto comunitario e della nostra democrazia che, attualmente, si trova «sotto attacco». E quando ha avvertito i colleghi europarlamentari a «non utilizzare l’inchiesta in modo gretto», a non strumentalizzarla politicamente si riferiva proprio a chi opera per indebolire le fondamenta dell’Europa. Ma chi sono gli «autocrati» che vorrebbero fare a pezzi l’Ue a cui si riferisce Metsola?
Il più emblematico è senz’altro Vladimir Putin, ma non è un mistero visto che il capo del Cremlino ha esplicitamente contestato il “modello europeo” e la democrazia liberale promossa dalle sue élite a cui contrappone il nazionalismo identitario e imperialista della Federazione russa.
Pura lotta per l’egemonia politica nel vecchio continente, combattuta da oltre un decennio lungo il filo della disinformazione, delle fake news, della sofisticata cyber- pirateria, delle ingerenze nelle campagne elettorali e nella stessa vita quotidiana, finanziando o favorendo o parteggiando per i partiti euroscettici, principalmente l’estrema destra xenofoba e sovranista come fece con Marine Le Pen durante le presidenziali francesi del 2017 o con la stessa Lega negli anni d’oro di Matteo Salvini, ma non solo. Per essere amici dello “zar” basta volerlo.
La scommessa sembrava quasi vinta qualche tempo fa, dopo la Brexit, l’ascesa di Donald Trump oltreoceano, l’avanzata dei nazionalisti europei che pareva inarrestabile di elezione in elezione. Poi qualcosa si è inceppato o semplicemente quel ciclo ha esaurito la sua spinta propulsiva, liberali e socialdemocratici hanno tenuto botta e oltre una certa soglia di consensi la destra radicale non è riuscita più a sfondare anche se continua a vincere come è accaduto recentemente in Svezia e in Italia.
La guerra in Ucraina però ha cambiato molti equilibri: la brutalità dell’invasione russa oltre a compattare le cancellerie europee ha spinto formazioni politiche ostili all’Unione a riposizionarsi rapidamente, è il caso del Ressemblemnt National di Le Pen e soprattutto di Fratelli d’Italia con la leader e premier Giorgia Meloni sembra aver reciso ogni legame con il passato, dichiarandosi fin dall’inizio del conflitto fedelmente atlantista e rinunciando alla contrapposizione con Bruxelles e l’odiata Commissione di Ursula van der Leyen.
Ma gli avversari della democrazia europea sono tanti e motivati anche al suo interno e costantemente lavorano ai fianchi senza mai compiere strappi per non rinunciare ai preziosi fondi comunitari.
Su tutti l’ungherese Victor Orban e la sua democratura o democrazia autoritaria che assedia senza quartiere le minoranze, i migranti respinti alle frontiere, le leggi contro gli omosessuali, la comunità Lgtbtq e contro le Ong umanitarie, la limitazione del diritto di manifestare e di raduno pubblico: più volte l’Ue ha condannato le violazioni dello Stato di diritto compiute dal suo esecutivo, in particolare per i continui attacchi all’indipendenza della magistratura controllata dal ministro di giustizia che è anche procuratore generale.
Anche la Polonia del presidente Andrzej Duda, è stata condannata a più riprese dalla Corte di giustizia europea per violazioni dei diritti fondamentali, ad esempio con la legge antipedofilia che prevede condanne fino a tre anni ai professori che parlano di educazione sessuale e uguaglianza di genere ai minorenni. E con il solito attacco alla giustizia che ha visto decine di giudici rimossi e il mancato rispetto del diritto alla difese e a un equo processo. Paesi europei, con una storia europea ma guidati da politici che dell’Europa odiano tutti i valori.