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«Quanto è emerso nel corso del processo per la cd “Trattativa Stato-mafia”, riguardo le dichiarazioni rese al Csm il 30 luglio del ‘92 da Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone, in merito a quanto le avrebbe detto Paolo Borsellino dopo la morte del fratello, pone interrogativi in merito alla competenza – o quantomeno all’opportunità – che sia la Procura di Palermo a gestire processualmente la vicenda che riguarda i verbali delle audizioni dei magistrati dell’allora Procura». Ad affermarlo è Giuseppe Ciminnisi, coordinatore nazionale dei familiari delle vittime di mafia dell’Associazione “I Cittadini contro le mafie e la corruzione”. Quei verbali acquisiti erano già stati depositati «Si tratta di verbali di recente acquisiti dal procuratore generale Roberto Scarpinato, dopo che alcuni di questi verbali erano stati già depositati dagli avvocati Basilio Milio e Francesco Romito, difensori legali degli ex Ros Mario Mori e Giuseppe De Donno», c'è Anna Falcone, in particolare che «ha reso dichiarazioni in merito a quanto appreso dal fratello Giovanni prima che questi venisse ucciso, relativamente ai problemi che il giudice aveva con l’allora Procuratore Giammanco, tanto da essere costretto a lasciare la Procura». Prosegue sempre Ciminnisi: « In particolare al Csm narrò un episodio raccontatole dal fratello lo stesso giorno che aveva lasciato la Procura di Palermo, dopo una scenata rivolta a Giammanco dinanzi a tutti i Sostituti. Di questo episodio ne aveva narrato a Paolo Borsellino, il quale aveva suggerito a lei e alla sorella di avere calma e aspettare il momento opportuno per parlarne, poiché era molto vicino a scoprire delle cose tremende». Quali erano le "cose tremende" che stava per scoprire Borsellino? Le “cose tremende” che stava per scoprire Borsellino, erano relative ad aspetti che riguardavano l’allora Procura di Palermo? «Considerata questa ipotesi – che appare tutt’altro che peregrina – e considerata la possibilità che magistrati dell’allora Procura possano essere sentiti come testi, mi trovo a chiedere se non si ritenga opportuno, se non doveroso, trasferire gli atti a Caltanissetta in quanto sede competente per indagini che possono riguardare i magistrati di Palermo.Peraltro, in considerazione del fatto che la cd “Trattativa Stato-mafia”, a parere dei magistrati di Palermo che se ne occupano, avrebbe accelerato l’uccisione del giudice Borsellino, mi chiedo anche come mai avendola collegata in qualche modo alla strage di Via D’Amelio gli atti non siano stati trasmessi già a suo tempo a Caltanissetta, sede deputata a condurre le indagini» Conclude il presidente dell'associazione delle vittime di mafia Giuseppe Ciminnisi: «Una scelta oggi più che mai necessaria a seguito delle motivazioni della sentenza di secondo grado del Borsellino Quater, che induce ad approfondire quali furono le cause che portarono alla strage di Via D’Amelio, individuando nell’indagine mafia-appalti una delle importanti concause che indussero “cosa nostra” ad accelerare i tempi dell’uccisione di Borsellino, forse troppo vicino a scoprire delle “cose tremende” ».