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Detenuti al 41 bis che pranzerebbero insieme in maniera tale da riproporre in tavola la scala gerarchica mafiosa, i saluti tra di loro che sarebbero da ricondurre a rituali mafiosi, il figlio di Riina che comanderebbe al carcere di Spoleto, il presunto esempio virtuoso del 41 bis del carcere di Sassari.
L'ARTICOLO DELL'ESPRESSO Ma è tutto vero ciò che è stato scritto nell’ultimo numero de L’Espresso? Il regime speciale, ricordiamo, è stato introdotto come misure emergenziale dopo le stragi di Capaci e Via D’Amelio. Lo scopo originario è quello di evitare che i boss mafiosi diano ordini all’esterno attraverso il proprio gruppo di appartenenza.
Tale istituto, com’è noto, è stato reso stabile nel 2002 con il governo Berlusconi. Poi, nel 2009, c’è stato un ulteriore intervento legislativo che l’ha reso ancor di più rigido. Ma il 41 bis, fin dalla sua istituzione, è stato più volte redarguito da varie sentenze della Corte costituzionale affinché non diventi un “regime duro” e che si limiti al solo scopo originario.
Premessa indispensabile, onde evitare di parlare di ammorbidimento, o addirittura una concessione alla mafia, ogni provvedimento che eviti di farlo uscire fuori dal perimetro costituzionale. Il 41 bis, quindi, presenta diverse restrizioni che lo rendono differente dalla detenzione normale. A partire dalla socialità.
IL REGIME SPECIALE Per i reclusi al regime speciale, è possibile solo incontrarsi – teoricamente due ore al giorno sono per la socialità, anche se in molti istituti ancora vige la regola incostituzionale di una sola ora - tra compagni di gruppo, con un numero variabile tra i 2 e i 4 detenuti. Ma non è possibile mangiare insieme. Quindi niente tavolata a pranzo o a cena. Ma non solo.
Per quanto riguarda i gruppi di socialità, è difficile che ci siano persone della stessa regione geografica, quindi va da sé pensare che un sistema di gerarchia di potere tra di loro non può assolutamente esserci. C’è la questione del saluto che mette in evidenza l’Espresso.
È vero. Nella maggior parte delle carceri che ospitano il 41 bis, per via della struttura, c’è il rischio che taluni detenuti, non appartenenti allo stesso gruppo di socialità, possano scambiarsi dei saluti. Raggiunto da Il Dubbio, il Garante nazionale delle persone private della libertà Mauro Palma ha tenuto a precisare che «l’articolo de L’espresso parte da due principi positivi: l’importanza del ruolo dei Gom e l’impermeabilità, che appunto non vuol dire carcere duro, ma evitare che i boss veicolino messaggi all’esterno».
LA SPIEGAZIONE DI PALMA Per quanto riguarda il discorso del saluto, Mauro Palma sottolinea che viene ritenuta come una violazione del divieto di comunicazione e spesso viene sanzionata. «In alcuni istituti, anche in maniera estremamente rigida», aggiunge il Garante. E fa l’esempio dell’istituto de L’Aquila. «Abbiamo verificato che al regime del 41 bis aquilano, salutare una persona facendo seguire al saluto anche il nome di battesimo, era considerato una violazione del divieto di comunicazione e pertanto da sanzionare con l’isolamento».
Per il garante ciò è eccessivo, perché «ci dovrebbe essere la necessità di mantenere rigorosamente la chiara differenza tra il divieto di possibile comunicazione e il divieto di parola: l’osservata attivazione di procedimento disciplinare per chi saluti – chiamandola per nome – una persona non del proprio gruppo di socialità, sembra avvicinarsi più a questa seconda ipotesi che non al necessario controllo sulla prima».
Ma al regime del 41 bis del carcere di Spoleto esiste un predominio di taluni boss su altri, come il figlio di Totò Riina?
IL GARANTE DEL LAZIO: IL FIGLIO DI RIINA NON COMANDA Raggiunto da Il Dubbio, il garante regionale del Lazio e Umbria Stefano Anastasìa smentisce tale dinamica. «Che ci siano persone più “famose” rispetto ad altre è fuori discussione, perché al 41 bis ci sono anche boss ristretti che erano a capo di piccoli gruppi criminali. Detto questo, se ci sono boss che vogliono in qualche modo comandare all’interno dei gruppi di socialità, esistono le aree riservate dove di fatto, vengono isolati da tutto e tutti».
Il Garante Anastasìa sul caso specifico spiega che questo problema del figlio di Riina che avrebbe dettato legge è assolutamente inesistente. «Se fosse stato così, come detto, lo avrebbero mandato nelle aree riservate e soprattutto né il personale penitenziario, né la direttrice del carcere, ha mai messo in evidenza questo problema».
Il garante ci tiene a specificare che il 41 bis, infatti, è nato anche per quello e le regole restrittive vietano dinamiche del genere che si verificavano nel passato. Chi le trasgredisce, viene raggiunto da sanzioni disciplinari.
Il regime del 41 bis di Sassari è davvero un esempio virtuoso? L’avvocata Maria Teresa Pintus dell’osservatorio carcere della camera penale della Sardegna, raggiunta da Il Dubbio, spiega senza mezzi termini che in realtà al Bancali di Sassari ci sono problemi gravissimi: «Le celle sono sotterranee e si sa, se stai in un fosso sotto terra e hai tutto chiuso – dal blindo alle finestre – d’estate non puoi che soffocare, oltre a ciò si aggiunge la carenza dell’acqua e quella che esce dai rubinetti è gialla». Una situazione del genere, quindi, non è impermeabilità, ma carcerazione dura. E questo rischia di far andare il 41 bis fuori dal perimetro costituzionale.