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Nella “spazza corrotti” si apre qualche spiraglio. Almeno per quelle parti della legge segnate dai più chiari profili di incostituzionalità. Grazie all’iniziativa congiunta di Unione Camere penali e Forza Italia, il governo dovrebbe definire a breve un decreto interpretativo per evitare, quanto meno, che finisca in carcere chi aveva già presentato istanza per ottenere misure alternative, e che ne avrebbe avuto diritto con le norme esistenti prima della “riforma”. Non solo, perché sempre grazie a un’iniziativa assunta dall’Ucpi con la Camera penale di Como, un gip del Tribunale lombardo ha scarcerato un condannato finito in cella sempre a causa delle modifiche previste dalla spazza corrotti.
È la dimostrazione che i tratti di illegittimità dell’ultima “legge anticorruzione” sono così evidenti da indurre a un pur parziale ripensamento lo stesso governo autore delle norme. Così come sono significative le scelte di alcuni Tribunali e della stessa Procura generale della Cassazione che, come segnalato su queste pagine, si sforzano di cercare interpretazioni costituzionalmente orientate della nuova legge.
C’è dunque innanzitutto un atto ufficiale del ministero della Giustizia che preannuncia una «opportuna iniziativa» per «precisare» la norma che ha precluso le misure alternative ai condannati per corruzione. Precisazione che riguarderebbe le condanne divenute definitive prima dell’entrata in vigore della “spazza corrotti”.
Via Arenula assume l’impegno nella risposta ufficiale a una mozione di Enrico Costa, deputato e responsabile Giustizia di Forza Italia. Il parlamentare azzurro aveva predisposto il proprio documento d’intesa con l’Unione Camere penali. Certo, come ricorda lui stesso in una nota, nella mozione si richiedeva di rendere le nuove norme «non applicabili per i fatti commessi prima della loro entrata in vigore».
Così si sarebbe evitata davvero la retroattività. Ma quella correzione, spiega Costa, «purtroppo è stata respinta dalla maggioranza» e così resta irrisolto «un tema che attiene alla libertà personale di chi ha fatto scelte processuali in vigenza di un regime giuridico e si trova a subire le conseguenze di norme divenute più sfavorevoli». Lo stesso deputato di opposizione resta ora in attesa della «norma transitoria» annunciata dal ministero della Giustizia. Modifica che, dice, «senza il nostro intervento sarebbe rimasta lettera morta».
«È un pur parziale passo avanti», spiega il presidente dell’Unione Camere penali Gian Domenico Caiazza, «considerato che l’applicazione dell’articolo 4 bis ai reati contro la Pa aveva già prodotto conseguenze assurde: la Procura generale di Napoli, per esempio, aveva revocato la sospensione degli ordini di esecuzione concessa ai condannati che avevano chiesto le misure alternative al carcere».
Ma lo stesso Caiazza segnala «il caso di una scarcerazione appena avvenuta a Como: insieme con la Camera penale lombarda e il professor Vittorio Manes, abbiamo chiesto e ottenuto dalla gip Luisa Lo Gatto un’ordinanza favorevole a un condannato che aveva optato per l’abbreviato in modo da evitare il carcere ma che con le nuove norme era finito in cella. Un’ordinanza splendida, che ha dato un’interpretazione costituzionalmente orientata e che dimostra come, con l’impegno dei penalisti, si possano limitare gli effetti più irrazionali della spazza corrotti».