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Questa mattina, presso il Consiglio Regionale della Campania, è stata presentata la Relazione Annuale 2024 del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Samuele Ciambriello. Un documento di 269 pagine che dipinge un quadro drammatico non solo per la regione, ma emblematico delle criticità del sistema penitenziario italiano nel suo complesso: sovraffollamento cronico, emergenza salute mentale, aumento dei suicidi, carenze nel reinserimento lavorativo e un approccio securitario che aggrava l’emergenza.
In Campania sono rinchiusi 7.509 detenuti, ma i posti disponibili sono appena 5.584: un tasso di sovraffollamento del 134,5%. A Poggioreale viaggia al 155,45%, a Benevento al 154,55% e a Salerno al 154,18%. Celle pensate per accogliere uno, spesso ospitano due o tre persone, con il risultato di tensioni continue e violazioni degli standard minimali di spazio ( 3 m ² per detenuto). In Italia, il dato nazionale è ancora più allarmante: 61.861 detenuti contro 46.839 posti. Emerge che servono misure alternative urgenti, e come sottolinea il garante Ciambriello nel rapporto, ben 2.747 detenuti campani scontano pene residue inferiori a 3 anni, adatte a percorsi extra murari.
Il 2024 è stato l’anno con il più alto numero di suicidi in carcere da 30 anni: 90 a livello nazionale, 11 in Campania ( 4 a Poggioreale). Tra le vittime, spicca il dato sugli stranieri: 44 dei 90 suicidi nazionali riguardano detenuti non italiani, 3 dei quali in Campania. A questi si aggiungono 214 tentativi di suicidio, 1.080 atti di autolesionismo e 629 aggressioni tra detenuti, con il solo Poggioreale che registra 345 autolesionismi e 36 tentativi di suicidio. Dietro ogni numero, c’è un uomo o una donna che vive l’angoscia ogni giorno.
PERSONALE ALLO STREMO
A fronte di 3.706 agenti previsti su tutto il territorio regionale, ne risultano in servizio 3.265. A Poggioreale e Secondigliano il rapporto con i detenuti è sempre più sbilanciato, mentre funzionari giuridico- pedagogici e personale amministrativo rimangono in sensibile sottorganico: basti pensare che a Poggioreale ci sono solo 20 funzionari giuridico- pedagogici per 2.084 ristretti. Tra le oltre 362 persone con patologie psichiatriche e 433 casi di necessità odontoiatriche, mancano spesso figure essenziali: psichiatri, tecnici della riabilitazione, ortopedici e cardiologi. Le Atsm ( Articolazioni per la tutela della salute mentale) sono solo a Santa Maria Capua Vetere, Secondigliano e Salerno, mentre in altri istituti restano sospese. Le visite esterne saltate sono 3.350, contro 862 negate per difficoltà logistiche. Sul piano psichico, almeno 100 reclusi convivono con la depressione e altri 92 con sindromi nevrotiche, senza che vi sia un’offerta strutturata di supporto psicologico e psichiatrico.
In Campania le Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza si riducono a due soli presidi: la Rems di San Nicola Baronia e quella di Calvi Risorta, che ospitano in tutto appena 39 uomini ( 19 nella prima, 20 nella seconda). Ogni struttura offre dieci camere doppie, ma la mancanza di mediatori linguistico- culturali a Calvi Risorta rende complicata la comunicazione con chi arriva da contesti diversi; qui, come altrove, si avverte la carenza di psichiatri, infermieri e di personale addetto alla vigilanza, nonostante il prezioso contributo di tre associazioni locali che animano laboratori di cucina, orticoltura e teatro.
Anche a San Nicola Baronia si registra l’urgenza di potenziare l’equipe psichiatrica: la sede, isolata dai mezzi pubblici, conta in media 18 uscite settimanali — momenti fondamentali per il reinserimento, ma spesso messi a rischio da spazi e risorse limitati. Tra gli eventi critici segnalati nel corso dell’anno, spiccano due allontanamenti e altrettanti atti di autolesionismo, mentre un piccolo barlume di speranza arriva dall’iscrizione universitaria di un internato, che ha sostenuto con successo alcuni esami. «Con questo dato — ricorda il Garante Ciambriello — rinnovo l’appello, ai sensi del comma 5 dell’art. 123 del Regolamento, affinché la Giunta regionale proceda senza indugi alla realizzazione di una nuova Rems, adeguando l’offerta di cure psichiche e psichiatriche alle reali esigenze del territorio».
DONNE E MINORI
Le detenute in Campania sono 351, di cui 41 straniere, ma l’unico istituto a custodia attenuata per madri – l’Icam di Lauro – è stato chiuso dopo costosi lavori. Dal 20 maggio le donne di Pozzuoli sono state trasferite in blocco, anche fuori regione, spezzando legami familiari fondamentali. E poi c’è la situazione delle carceri minorili. La riforma “Decreto Caivano” ha aumentato del 30% i minorenni negli Ipm, portandoli a 99 in Campania e 278 presi in carico. Tra i 14– 17 anni, i reati principali sono rapine ( 283), furti ( 171), lesioni ( 506) e omicidi volontari ( 44), quasi triplicati rispetto al 2023. Nei due istituti minorili ( Nisida e Airola) si contano 323 eventi critici, tra cui 213 infrazioni disciplinari e 9 autolesionismi.
I Centri di Prima Accoglienza ( Cpa) rappresentano la prima tappa del percorso giudiziario per i minorenni fermati in flagranza o accompagnati dagli agenti: alle dipendenze del Procuratore della Repubblica per i minorenni, questi centri accolgono i ragazzi fino all’udienza di convalida, che il Gip è tenuto a celebrare entro 96 ore dalla detenzione, valutando se confermare il fermo o applicare una delle misure cautelari previste per l’età. In Campania ne operano tre: quello di Napoli, il centro femminile di Nisida e il Cpa di Salerno, che nel 2024 hanno ospitato 169 giovani. Di questi, 163 erano fra i 14 e i 17 anni ( solo 24 stranieri), mentre 6 avevano tra i 18 e i 25 anni ( 2 stranieri): un’inversione di tendenza rispetto al panorama nazionale, dove a prevalere nei Cpa sono i minori non comunitari. Questo dato sottolinea una specificità campana, dove i ragazzi italiani restano la maggioranza tra gli accolti.
Il Garante Ciambriello conclude il rapporto con una grande amarezza. Spiega che oggi dovremmo parlare del «carcere della Costituzione» come voluto dalla nostra carta fondamentale. Eppure, sottolinea che «è difficile parlare di un “carcere nella Costituzione” perché, semplicemente, non esiste nella realtà, non esiste, oggi, un carcere che incarni i principi costituzionali». Nonostante il carcere della costituzione sia un luogo ideale e, secondo alcuni, una mera utopia irrealizzabile, Ciambriello chiosa: «sicuramente un obiettivo ancora lontano ma, almeno io credo, essenziale per affrontare seriamente questo problema».
La Campania, con le sue criticità, è un microcosmo del fallimento delle politiche carcerarie italiane. L’appello è per una riforma che privilegi misure alternative, investa in salute mentale e lavoro, e restituisca al carcere la sua funzione costituzionale: rieducare, non punire.