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Proseguono senza sosta i lavori al tavolo ministeriale per la riforma del processo penale, anche fino a tarda serata. E, due giorni fa, i documenti davanti al ministro erano due: uno dell’Unione camere penali italiane; uno dell’Associazione nazionale magistrati.
Se il fronte comune trovato anche formalmente tra avvocatura e magistratura associate sembra essersi interrotto, rimane però ancora l’asse sostanzialmente sui tre punti cardine. Al centro del confronto col ministro, infatti, sono rimaste le tre aree tematiche su cui avvocati e magistrati avevano già trovato convergenza: rafforzamento della funzione di filtro dell’udienza preliminare; l’estensione dell’ambito di applicazione del patteggiamento e nuove regole per l’ammissione del giudizio abbreviato condizionato; ristrutturazione del sistema sanzionatorio delle contravvenzioni.
«Che siamo andati con due documenti separati è un dato di fatto, ma la discussione ha rimesso a fuoco i temi su cui avevamo trovato convergenze con la magistratura. Sui tre punti abbiamo lavorato bene e il ministro Alfonso Bonafede ha compiuto grandi sforzi di ascolto», ha commentato il presidente delle Camere penali, Gian Domenico Caiazza. Successivamente, tuttavia, il dibattito è proseguito sui 32 punti della bozza ministeriale di riforma, che è stata pomo della discordia tra Ucpi e Anm e che tuttora vede le due sigle su fronti diametralmente opposti: «La delegazione Ucpi ha illustrato le proprie proposte e le osservazioni critiche sui punti della bozza ministeriale, in particolare ribadendo la netta contrarietà alla ipotesi di immotivata espansione del giudizio immediato e alle limitazioni al diritto all’appello», si legge nel comunicato dei penalisti.
Nei giorni scorsi, Anm aveva presentato un documento in cui ribadiva i tre punti concordati con l’avvocatura, ai quali aggiungeva ulteriori temi di discussione riprendendo i punti ministeriali. A stretto giro era arrivata la risposta dei penalisti, che rifiutavano la logica del gioco su due tavoli. La linea dell’avvocatura, infatti, è che si può lavorare insieme fintanto che c’è l’accordo di tenere fuori dall’attuale riforma penale in discussione tutti i punti che non siano i tre concordati. Altrimenti, ognuno per la sua strada. «La nostra posizione è netta: nell’ultima riunione abbiamo ritrovato convergenze sui tre punti e per noi basta così. Un dato però deve essere chiaro: noi non faremo accordi per parti separate. O si arriva a un testo di riforma condiviso, su cui ognuna delle parti in causa cede qualcosa per fare dei passi avanti insieme, oppure non ci sarà accordo su nulla», ha spiegato Caiazza. Tavolo aggiornato al 21 marzo, data in cui si arriverà al dunque.
Se questo ultimatum non sembra aver ancora convinto Anm, che ha mostrato di voler discutere anche di altro - anche a costo di incontrare il niet dei penalisti e rimettere in forse anche i tre punti condivisi - diverso è stato l’atteggiamento del ministro. Bonafede, infatti, ha disposto di aggiornare la riunione per un ulteriore approfondimento congiunto, in cui discutere limitatamente ai temi sui quali avvocatura e magistratura possono trovare convergenza. «La nostra sensazione è che il ministro sia intenzionato a seguire il nostro suggerimento di lasciare fuori dall’orizzonte degli interventi normativi i temi più divisivi, sui quali noi avvocati non abbiamo alcun margine di negoziabilità». Tutto, però, rimane ancora oggetto di discussione.