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Ministero della Giustizia, sfida tra Nordio e Bongiorno
«Creerebbero imbarazzo». Basterebbe questo inciso: il “ripescaggio” dei magistrati come dirigenti ministeriali, in particolare a via Arenula, dopo la “scappatella” in Parlamento, in Consiglio comunale o alla Regione, sarebbe «un rimedio peggiore del male». A parlare così, badate bene, non è un deputato col gusto della polemica, ma l’Associazione dirigenti Giustizia. La quale associazione ha diffuso un comunicato subito dopo che, tre giorni fa, ha iniziato a farsi strada la “soluzione finale” per le porte girevoli fra toghe e politica: rilanciare l’idea del ddl Bonafede, e dello stesso Csm, vale a dire il divieto di rientro in magistratura per giudici e pm eletti o nominati a cariche politiche, con il loro inserimento in altri ranghi dell’amministrazione pubblica. La versione che sembra poter entrare negli emendamenti di Marta Cartabia prevede un dirottamento verso la carriera ministeriale anche per quelle toghe che si candidano e fanno flop. È la goccia che ha fatto traboccare il vaso, probabilmente, dal punto di vista dell’Associazione dirigenti giustizia: «Una prospettiva da scongiurare, per il bene della nostra amministrazione, oltre che per l’autorevolezza e la funzionalità della macchina amministrativa pubblica», è la stroncatura senza appello affidata dai dirigenti a un comunicato. I magistrati, si legge nella nota, «non sono, in quanto tali, in grado di ricoprire ogni ruolo. Non sono “figli di un Dio maggiore” che li abilita a fare tutto». Botta terribile. E poi, sempre più impietosi: «La pletora di ex magistrati altererebbe la funzionalità dell’apparato ministeriale e creerebbe non poco imbarazzo a tutti». Fino alla mazzata finale: «Se è rispettabile l’intento di evitare le porte girevoli tra politica e magistratura, non si può risolvere il problema spalancando le porte dei ministeri ai magistrati politici mancati». Il ripescaggio sarebbe «lesivo della dignità e della necessaria distinzione delle funzioni giurisdizionale, di indirizzo politico, di gestione amministrativa». Ora, è chiaro che l’enfasi sdegnosa dei dirigenti si spiega anche con una difesa della categoria. Però c’è da chiedersi davvero se, solo due anni e mezzo fa, prima della bomba innescata all’hotel Champagne, qualcuno avrebbe mai liquidato con toni quasi sprezzanti un ordine temutissimo come quello giudiziario. Al punto da dire, in pratica, “questo ministero non è un albergo per pm”.