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Il processo in corso a Brescia nei confronti del senatore dell’Ncd Gabriele Albertini per calunnia aggravata ai danni dell’ex aggiunto di Milano Alfredo Robledo avrà, molto probabilmente, una coda davanti alla Corte costituzionale.
Come si ricorderà, il Senato, con 185 sì, 65 no e 2 astenuti, ha approvato martedì scorso la decisione della Giunta per le Immunità che il 25 ottobre scorso si era pronunciata a favore dell’insindacabilità per Albertini.
L’ex sindaco di Milano, nel 2012, presenta un esposto al ministero della Giustizia, perché secondo lui Robledo non avrebbe gestito correttamente tre fascicoli tra cui quello sull’acquisto di quote della società Autostrada Serravalle da parte della Provincia di Milano, allora guidata da Filippo Penati ( Pd). Robledo si sente calunniato e querela l’ex sindaco. Il Parlamento europeo, al quale Albertini - allora eletto al Parlamento europeo - si rivolge per ottenere l’immunità, nega la tutela chiarendo che sul punto la competenza spetta alle istituzioni italiane. Passa del tempo e Albertini, nel frattempo approdato al Senato nel 2013, si rivolge all’Aula di appartenenza chiedendo l’insindacabilità.
Per impedire che Palazzo Madama voti a favore della richiesta, Paolo Pollice, ordinario di Diritto civile all’università di Napoli Federico II, si fa promotore di una raccolta di firme. «L’immunità retroattiva significa una totale impunità anche per reati commessi prima di entrare in Parlamento», è la sua tesi. Fra i firmatari, lo stesso Robledo. Ma alla fine il Senato decide per l’insindacabilità dell’ex sindaco. Nell’udienza di ieri a Brescia, però, il presidente della sezione penale Anna Di Martino, nonostante la votazione dell’Aula, non ha sospeso il dibattimento, dando così spa- zio alle requisitorie. Il motivo: il provvedimento del Senato non è ancora stato ufficialmente trasmesso a Brescia.
La pubblica accusa, rappresentata da Fabio Salamone, con un colpo di scena, ha scelto di non effettuare la requisitoria, limitandosi ad invitare il Tribunale a sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale in quanto la decisione del Senato rischierebbe di diventare un «pericoloso precedente», ostacolando l’attività giurisdizionale in casi analoghi.
La parte civile, rappresentata dall’avvocato Cristina Malavenda, ha insistito per la condanna di Albertini, invocando pure un risarcimento di 80mila euro da riconoscere a Robledo, oltre il pagamento delle spese. L’avvocato Augusto Colucci, difensore di Albertini, ha invece effettuato la discussione, chiedendo alla Corte il non luogo a procedere perché il fatto non sussiste.
Il processo è stato rinviato al 3 febbraio: in quella data si saprà, dunque, se il presidente Di Martino accoglierà la richiesta della Procura di inviare gli atti alla Consulta.