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Giovanni Malinconico, presidente dell’Organismo congressuale forense, lo aveva anticipato qualche giorno fa: la Fase 3 della Giustizia rappresenta per il ministro Alfonso Bonafede un’occasione per «ragionare sulla stabilizzazione di alcune delle misure processuali sperimentate in questo periodo emergenziale». Lo aveva annunciato nel corso del tavolo con l’avvocatura, lanciando la bomba tra i rappresentati delle organizzazioni forensi, che hanno mantenuto le stesse perplessità manifestate durante tutta la fase di lockdown. Ma ora a conferma di quella volontà c’è di più: un emendamento al decreto Rilancio, proposto proprio da Bonafede, che mira a intraprendere una sperimentazione, per alcuni procedimenti, delle modalità telematiche, addirittura fino al 31 dicembre 2021. Tale possibilità - che ha incontrato il niet di Italia Viva e di parte del Pd - introdotta da un articolo che prevede «modifiche all’articolo 83 del decreto legge 17 marzo 2020, numero 18 e ulteriore attuazione delle misure urgenti adottate in materia di processo civile e penale», è stabilita dal comma 10, stando al quale è consentita «la partecipazione da remoto alle udienze civili dei difensori e delle parti, su loro richiesta» e, sempre «con il consenso delle parti», la trattazione - mediante collegamenti da remoto - dell’udienza civile che non richieda la presenza di soggetti diversi dai difensori, delle parti e dagli ausiliari del giudice» e «la tenuta, mediante collegamenti audiovisivi, delle udienze penali». Inoltre prevede «il deposito telematico anche degli atti introduttivi nel processo civile» e «il deposito telematico di atti e documenti da parte degli avvocati nei procedimenti civili innanzi la Corte di Cassazione». Infine «su richiesta dell’interessato o quando la misura è indispensabile per salvaguardare la salute delle persone detenute o internate, lo svolgimento a distanza - mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l’amministrazione penitenziaria e minorile o mediante corrispondenza telefonica - dei colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati». Stando alla relazione tecnica, l’emendamento mira ad «intervenire sulle modalità di svolgimento dell’attività giudiziaria per rispondere all’esigenza di una ripresa più efficiente ed efficace del sistema giustizia attraverso la riproposizione di alcune misure risultate opportune» durante il periodo di lockdown. E tramite questa sperimentazione, secondo Bonafede, si risolverebbero anche i problemi della Giustizia, raggiungendo gli «obiettivi di snellimento ed efficientamento delle procedure tali da agevolare la funzionalità degli uffici giudiziari e la gestione delle attività attraverso la valorizzazione degli istituti collaudati nel processo telematico tanto nel settore civile che in quello penale». Così come temuto dall’avvocatura, che prevedeva il rischio di una stabilizzazione delle misure emergenziali, l’obiettivo del ministero è quello «di non disperdere il patrimonio applicativo» frutto del lockdown. E di «valorizzare, con introduzione in via sperimentale, istituti sulla cui attuazione si sono avuti riscontri positivi e che, in mancanza di una specifica normativa, sono destinati a cessare alla data del 30 giugno». La partecipazione da remoto, nel disegno del ministro, sarebbe prevista per imputati o condannati «in custodia cautelare in carcere o detenuti, anche per altra causa, mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero», per quelli agli arresti domiciliari «dalla medesima postazione da cui si collega il difensore o dal più vicino ufficio della polizia giudiziaria attrezzato per la videoconferenza, quando disponibile», per quelli liberi o con misure alternative alla detenzione, «dalla medesima postazione da cui si collega il difensore, il quale ne attesta l’identità». A manifestare contrarietà è anche Forza Italia, secondo cui in questo modo il processo da remoto, uscendo dai confini dell’emergenza, «entra tra le norme a regime».L’idea, se limitata a luglio, aveva spiegato Malinconico nei giorni scorsi, potrebbe risolvere il problema dei rinvii, ma la proposta del ministro è quella di «una sperimentazione pura, non legata all’emergenza» e, quindi, «inaccettabile». Per il capo dell’Ocf, invece, sarebbe necessaria una riflessione profonda, con un tavolo congiunto che porti a modifiche «che non possono non avere natura di norma processuale».