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Nessuna aspettarsi colpi di teatro. Non solo ieri nella capigruppo di Montecitorio il Pd, come previsto, ha evitato di sollecitare l’esame urgente per la legge Costa, il testo che abroga la prescrizione di Bonafede: anche quando martedì prossimo sarà l’intera aula della Camera a doversi pronunciare, la linea dei dem non avrà impennate: la proposta del responsabile Giustizia di Forza Italia non avrà dunque alcuna precedenza straordinaria, e approderà nell’emiciclo di Montecitorio alla vigilia di Natale, se va bene. Ma il segnale democratico di non belligeranza era previsto.
Certo non è stato accolto con grida di giubilo da Enrico Costa, impegnato in una battaglia che comunque non manca di sollecitare Pd, Italia viva e Leu rispetto al precipitare degli eventi: «Predicano bene, razzolano male, e soprattutto strisciano sotto i piedi di Bonafede», è il durissimo commento del forzista, che assicura: se neppure l’aula concedesse l’ «urgenza», chiederemmo di «fissare l’esame durante le vacanze di Natale: ai principi di civiltà giuridica non si deroga, siamo pronti a passare Natale in Parlamento per scongiurare l’entrata in vigore dello stop alla prescrizione», previsto per il 1° gennaio, come ieri ha ricordato anche Luigi Di Maio.
«Come in altri casi, un giorno riconosceranno sulla loro pelle la dignità della nostra battaglia», ha detto ancora Costa. Il pressing di FI va letto alla luce della posizione di Giuseppe Conte, ribadita dal premier ancora una volta ieri, addirittura dal Ghana: «Io non dico affatto che ci siano distanze incolmabili», ha tentato di assicurare il capo del governo, «stiamo riflettendo anche con i tecnici, tutti insieme, su un pacchetto di misure che garantiscano la ragionevole durata del processo».
Poi però ha chiarito che non si tratterà affatto della “prescrizione processuale” indicata dal Pd come vero antidoto ai rischi della norma Bonafede: il «meccanismo di garanzia», dice Conte, sarà introdotto «senza dire che il processo si estingue». È il secondo “no” in pochi giorni alle richieste dei dem. Ecco perché la drammatizzazione approntata da Costa non è solo un’iperbole dell’opposizione.