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Nella lunga relazione del procuratore generale della Corte di Cassazione Riccardo Fuzio per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, un intero capitolo è dedicato ai procedimenti disciplinari delle toghe. Dopo la riforma Castelli del 2006, il procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati è infatti divenuto obbligatorio per il procuratore generale, rimanendo solo facoltativo per il ministro della Giustizia.
«La materia disciplinare si rivela sempre più centrale nel sistema del governo autonomo della magistratura ed è la cartina di tornasole del rapporto di fiducia – o di sfiducia – che lega i cittadini al sistema giudiziario e ciò anche a prescindere dal fatto che la condotta del magistrato denunciata si riveli poi passibile di sanzione disciplinare», scrive il procuratore generale. «Una giustizia che non ha credibilità o comunque legittimazione non è in grado di assicurare la democrazia», aggiunge Fuzio, sottolineando come «la materia di competenza della Procura generale investe questioni di deontologia e di professionalità che anticipano spesso l’aspetto prettamente disciplinare». Nel 2017 sono pervenute alla Procura generale ben 1.340 segnalazioni di possibile rilievo disciplinare ( 1.363 nel 2016).
In notevole incremento sono stati gli esposti di privati cittadini, elemento che «evidenzia una generale sfiducia dell’opinione pubblica verso l’operato della magistratura - prosegue Fuzio -, sintomo che a fronte di una quantità abnorme di processi che gravano su tutte le sedi giudiziarie non sempre vi è una risposta qualitativamente adeguata di chi è tenuto a rendere giustizia».
Di queste centinaia di segnalazioni, il 92,7% è stata archiviata direttamente nella fase predisciplinare. Del rimanente 7,3% per cui è stata esercita l’azione disciplinare, le condanne al termine dell’istruttoria sono state solo 35. 4 ammonimenti, 24 censure, 4 perdite di anzianità e 3 rimozioni dalla magistratura. La risposta al perché di numeri cosi bassi la fornisce lo stesso Fuzio: «Il sistema disciplinare, per unanime constatazione, presenta notevoli lacune e zone “franche” che lasciano spazio a condotte non sanzionabili disciplinarmente e però tutt’altro che insignificanti nella definizione della deontologia complessiva e della figura del magistrato» . In altre parole, essendo gli illeciti disciplinari per le toghe dal 2006 “tipizzati”, ciò che non è espressamente indicato non è sanzionabile. In questo sistema ipergarantista, molte condotte «non ritenute meritevoli di sanzione disciplinare, e sovente nemmeno di inizio di azione disciplinare, ben potrebbero o dovrebbero essere tenute in considerazione dal Csm per i diversi profili attinenti le valutazioni di professionalità”, evidenzia però Fuzio. Il numero dei magistrati valutati non positivamente è attualmente pari a solo lo 0,58% del totale. Un numero che «non ha eguali in nessuna organizzazione complessa», disse stigmatizzando il dato lo scorso anno in Plenum l’ex presidente della Corte di Cassazione Giovanni Canzio. Fra le tante e varie anomalie, meritano di essere segnalati i casi di «appiattimento di qualche pubblico ministero poco diligente rispetto all’attività della polizia giudiziaria. Si sono riscontrati casi di “copia- incolla”, non solo di provvedimenti del Gip rispetto alla richiesta del pubblico ministero, ma anche di richieste cautelari del Pm rispetto al rapporto informativo della polizia giudiziaria, sintomo del conseguente rischio che gli errori di quest’ultima, se non adeguatamente vagliati, si riverberino in gravi violazioni di legge da parte dei magistrati».