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La vicenda Consip si arricchisce di un altro capitolo che vede protagonista la Procura di Roma e il maggiore dei carabinieri Gianpaolo Scafarto. Il capo della Procura di Roma Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Paolo Ielo e il pm Mario Palazzi si sono rivolti alla Cassazione per impugnare la decisione del Riesame che di fatto ha riabilitato l’ex capitano del Noe, indagato nel caso Consip per alcune ipotesi di falso in atto pubblico, per un episodio di rivelazione del segreto d’ufficio e per uno di depistaggio.
I pm affermano che Scafarto abbia agito con dolo e puntava a '"inchiodare Tiziano Renzi alle sue responsabilità" anche attraverso un "travisamento dei fatti e violazione delle regole giuridiche di governo della prova indiziaria" I magistrati romani, in quindici pagine di ricorso, scrivono che "l’impugnata ordinanza, che trasforma orrori di sicuro rilievo penali in errori, qualificati come involontari’con evidente ridondanza linguistica", rappresenta un provvedimento "che si contrappone alle regole del diritto sostanziale e processuale, della logica e del buonsenso".
La Procura di Roma nel provvedimento con cui ha impugnato l’ordinanza del tribunale del Riesame ribadisce che l’ntenzione di Scafarto di voler “inchiodare Renzi senior “oltre che essere assolutamente aderente alla realtà del quadro probatorio all’epoca esistente, era esattamente ciò che l’indagato si rappresentava, così come si deduce non solo dai messaggi whatsapp e dalle conclusioni cui si giunge nell’informativa del 9 gennaio 2017.
Ma anche dall’informativa del 3 febbraio successivo, laddove è declinato con solare evidenza a commento delle dichiarazioni di Alfredo Mazzei ( il commercialista napoletano di area Pd che parlò di un incontro tra Alfredo Romeo e Tiziano Renzi in una bettola, ndr): ".. le dichiarazioni di Mazzei sono di straordinaria valenza - così scrisse l’ufficiale dell’Arma - in quanto consentono di chiudere il cerchio su Renzi e su Carlo Russo (imprenditore di Scandicci, amico del padre dell’ex premier, ndr), nel senso che consentono di affermare che Russo non sia un millantatore ma al contrario egli avesse la possibilità di affrontare ed influire nell’assegnazione dei lotti Consip e soprattutto che egli agisca in nome di Tiziano Renzi, la cui compartecipazione in tutte le dinamiche prospettate da Romeo, a questo punto, appare oltre che scontata imprescindibile... ’'.
Se per il Riesame Scafarto nella sua attività di investigatore ha commesso errori "involontari che l’esperienza giudiziaria permette di riscontrare quotidianamente nelle informative di pg", per la Procura "la prova nei confronti di Renzi senior aveva e ha natura indiziaria, sì che è del tutto evidente che moltiplicare gli indizi sarebbe stato un ulteriore elemento a sostegno dell’accusa".
"Nell’ordinanza del Riesame - spiegano infine i pm - si afferma anche che non è dimostrato il presupposto da cui muove l’accusa per reggere l’elemento soggettivo del reato: la volontà dell’indagato di coinvolgere Matteo Renzi nella vicenda Consip. L’assunto - precisano i magistrati della Procura di Roma - è privo di fondamento storico: in nessun atto di indagine è declinato tale postulato, in nessuna memoria, in nessuna richiesta, in nessuna espressione di pensiero, verbale o scritta'.