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La procura generale di Perugia ha impugnato la sentenza con la quale il gup Piercarlo Frabotta ha assolto lo scorso 23 luglio Riccardo Fuzio, ex procuratore generale presso la Corte di Cassazione, dalle accuse di rivelazione di segreto d’ufficio in favore di Luca Palamara dopo il rito abbreviato. Secondo la sentenza del tribunale di Perugia, le notizie relative all’esposto presentato dal pm Stefano Rocco Fava contro il procuratore Pignatone non erano, al momento della rivelazione, coperte da segreto, in quanto ancora non secretate dal Csm, motivo per cui «il fatto non sussiste». Per quanto riguarda invece le le notizie relative all’indagine di Perugia per corruzione a carico di Palamara, secondo il gup «può affermarsi con certezza» che dalle conversazioni ambientali captate grazie al trojan installato sul cellulare di Palamara emerga come questi «prima» dell'incontro con Fuzio, avvenuto il 21 maggio 2019, «fosse già a conoscenza non solo delle indagini condotte dalla procura perugina circa i suoi rapporti con Centofanti ma anche del titolo di reato per il quale era stato iscritto nonché di molte circostanze». In quell’occasione, inoltre, Fuzio era stato avvicinato da Palamara «con uno stratagemma» e comunque i fatti rivelati dall’allora procuratore generale «non assumevano un particolare rilievo, in quanto in gran parte già conosciuti, per altra via, da Palamara».
Secondo il procuratore generale di Perugia Sergio Sottani, però, entrambi i presupposti sarebbero sbagliati. «Per un verso, con riferimento agli atti conosciuti dall’allora procuratore generale della Cassazione dottor Fuzio, quale membro di diritto del Comitato di presidenza del Csm, l’aver comunicato a Palamara per telefono le notizie, intorno alle ore 10.30 della mattina del 3 aprile 2019, ha costituito violazione del segreto a cui il magistrato era comunque tenuto, considerata anche la successiva secretazione di quegli atti. Dall’altra, con riguardo al colloquio serale intorno alle ore 22 del 9 maggio 2019, lo stesso - si spiega nella nota - non è avvenuto, ad avviso della procura generale, all’insaputa dell’allora alto magistrato Riccardo Fuzio, ma è stato preceduto da particolari accortezze per la fissazione dell’orario dell’incontro, quali l’uso da parte di Palamara di cellulari non intestati né utilizzati dallo stesso, ma nella disponibilità di due altri magistrati». Sul punto il tribunale di Perugia ha chiarito che Palamara, per cogliere di sorpresa Fuzio, usò uno stratagemma: durante una partita di calcetto, con la scusa che il proprio telefono si fosse scaricato, utilizzò il cellulare di un collega, con il consenso di questi, per inviare un messaggio a Fuzio in cui si limitava a chiedergli, senza dire chi fosse, «a che ora ci sei stasera a casa?». Da lì l’accordo sull’orario, senza mai svelare la propria identità.
La sentenza di Perugia, però, va oltre, fissando alcuni punti che potrebbero tornare utili a Palamara nel processo per corruzione. In primo luogo, secondo il gup, ad informarlo dell’indagine perugina fu «l’allora procuratore della Repubblica di Roma, dott. Giuseppe Pignatone, nel dicembre 2017». Un’informazione che rappresentava «il “segreto di Pulcinella”: a Roma se ne parlava ampiamente». Tutti, cioè, sapevano, tanto che, già a settembre del 2018, il Fatto Quotidiano pubblicò in prima pagina la notizia sul «fascicolo a Perugia che imbarazza il leader di Unicost», ben prima dell’incontro con Fuzio.
Ma non solo. L’elemento più utile alla difesa di Palamara è il fatto che per il giudice risulti «palesemente infondata» la contestazione a Fuzio di avere violato il segreto investigativo in relazione «al coinvolgimento di tali Amara e Calafiore nella vicenda». Un elemento importante, in quanto sono proprio Amara e Calafiore gli assi portanti dell’accusa di corruzione: secondo la procura, infatti, Palamara riceveva «da Fabrizio Centofanti le utilità per l’esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri» in particolare per la disponibilità dimostrata a Centofanti «di poter acquisire, anche tramite altri magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine (...) informazioni anche riservate sui procedimenti in corso (...) che coinvolgevano Centofanti e gli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore».