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Forse non farà più il ministro della Giustizia. Ma intanto Andrea Orlando esce da questi tre anni a via Arenula con un bagaglio che gli sarà prezioso. Lo si comprende dal tono con cui parla in più di un incontro pubblico nel fine settimana e, soprattutto, dai microfoni di Radio 24. «Non sempre i pm sono in grado di controllare cosa fa la polizia giudiziaria rispetto alle fughe di notizie», a “Mix24”, il programma di Giovanni Minoli, a proposito di Consip e non solo. E sull’inchiesta che vede indagato anche il papà di Renzi aggiunge: «Non parlerei di lotta tra Procure, ma di confusione e di episodi inquietanti in alcune Procure». Che non è una valutazione neutra, da uno che fa il guardasigilli. Non spetterà comunque a lui, spiega, accertare eventuali illeciti perché «probabilmente c’è una violazione di carattere penale su cui c’è un’inchiesta, non è un profilo disciplinare».
Prima di intervenire ieri mattina alla radio, il ministro della Giustizia era stato a Bari ( sabato) e Portici ( domenica) dove si era occupato anche di avvocati: «Hanno goduto di una cattiva propaganda, nel corso di tutti questi anni, come se le disfunzioni del sistema giudiziario fossero loro responsabilità, eppure l’avvocatura può essere una risorsa fondamentale per far funzionare la giurisdizione: avevamo quasi 6 milioni di cause civili pendenti», ricorda il guardasigilli, «quest’anno si chiuderà a 3 milioni e mezzo, e gran parte dello smaltimento lo si deve alla collaborazione con l’avvocatura, diventata, da presunto problema, una parte della soluzione». Fino al passaggio forse più importante, che Orlando ha riservato alla classe forense nell’incontro di domenica a sostegno del candidato sindaco del Pd a Portici, Vincenzo Cuomo: «C’è una proletarizzazione dell’avvocatura che preoccupa, non possiamo consentire che tante giovani intelligenze, dopo anni di studio, debbano soggiacere ai prezzi fissati da banche e assicurazioni, spesso offensivi per la loro professionalità. Anche per questo», ha assicurato il ministro, «ho deciso di promuovere una raccolta di firme perché entro la fine della legislatura si approvi una legge sull’equo compenso da riconoscere ai professionisti».
Consip e proletarizzazione delle professioni sono due questioni in apparenza lontane. Ma non è così. E non solo perché magistrati e avvocati sono i principali soggetti dello stesso sistema, quello della giurisdizione. Entrambi i fronti in realtà riconducono ad aspetti decisivi della contesa politica, e anche a una possibile identità di sinistra che Orlando vuol tenere viva nel Pd. Al ministro è ormai chiaro come il tema della fuga di notizie nelle Procure sia divisivo all’interno della stessa magistratura. Non si tratta di Roma contro Napoli, di Pignatone contrapposto a Woodcock. O almeno non solo di questo. C’è una tensione interna al sistema inquirente che è di principio, filosofica quasi, tra prudenza e mediaticità. Da una parte rigore e cautela, nelle indagini come nelle comunicazioni con l’esterno; dall’altra la convinzione che il rumore sui giornali aiuti le inchieste, sopratutto quando puntano al cuore del potere. Non è tema marginale perché il ruolo della giustizia rispetto alla politica è già decisivo ora, figurarsi se per Palazzo Chigi dovessero gareggiare Pd e Movimento cinquestelle. E certo, se la logica della giustizia a effetto si imponesse, non è detto che prevarrebbero le istanze dell’Italia più in difficoltà: l’antipolitica a colpi di gossip giudiziario rischia di essere l’arma impropria che altera il gioco, e Orlando lo ha ben chiaro. Come sa che, in una logica di sinistra, quello scenario non è una buona notizia.
C’è poi un’altra sinistra da difendere, che è appunto quella del ceto medio sempre più tendente a proletarizzarsi. Orlando non lo ha scoperto domenica. Ma adesso coltiva apertamente quel rapporto con le professioni anche nel pieno di una campagna elettorale come quella in corso per le Amministrative. «Se si fa riferimento alle ingiustizie si pensa automaticamente a operai, disoccupati: non pensiamo mai che in Italia c’è un gigantesco processo di proletarizzazione dei professionisti che rischia di mettere in discussione la stessa tenuta della democrazia». Sull’euo compenso il testo c’è: è quello messo a punto insieme con il Consiglio nazionale forense, ed è già all’attenzione di Palazzo Chigi. Orlando vuole lanciarlo con un’ampa mobilitazione, il che significa che sarà parte costitutiva delle sue prossime campagne. Intanto oltre che di giustizia deve occuparsi anche di legge elettorale. No respinge la soluzione “tedesca” ma teme che produca «una difficile governabilità». Anche perché se ne venisse un’intesa con Berlusconi, questa sarebbe «innaturale». È anche qui che si giocheranno gli equilibri nel Pd. Dove però sembrano farsi strada i temi delle persone ( e delle categorie) in carne e ossa.