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«Siamo devastati, ma combatteremo per il diritto di soccorrere persone in pericolo in mare». La prima reazione ufficiale della ong Jugend Rettet è affidata a Twitter. Le parole esprimono chiaramente lo stato d’animo in seguito alla sentenza della Cassazione che ha confermato il sequestro della nave Iuventa, dell’ organizzazione umanitaria, bloccata il 2 agosto 2017 per decisione del giudice per le indagini preliminari di Trapani. La decisione della magistratura italiana, avversa al ricorso, si è concretizzata ieri anche se è stata comunicata solo nella giornata odierna. Dopo la vicenda che ha visto coinvolta un’altra ong, la Open Arms, stavolta gli esiti giudiziari sono di segno nettamente opposto. E’ certo comunque che il contenzioso non si fermerà qui. L’avvocato della ong tedesca, Leonardo Marino, ha infatti sottolineato che si attende la pubblicazione delle motivazioni della sentenza, cosa che avverrà solo nei prossimi giorni. Per il legale, che lavora in tandem con Raffaele Barra, «il ricorso ovviamente non entrava nel merito dei fatti contestati dalla procura di Trapani, contestavamo la legittimità della giurisdizione italiana». «Aspettiamo che l’inchiesta si concluda per sapere almeno chi sono le persone indagate, perché l’inchiesta è ancora contro ignoti», ha aggiunto Marino. Da parte della ong tedesca, che ha convocato una conferenza stampa stamane a Berlino, c’è sconcerto. «Siamo profondamente colpiti dalla notizia. Secondo noi il caso ha motivazioni soprattutto politiche, perché eravamo attivi come ong in uno spazio umanitario che è stato altamente politicizzato» è stato un ulteriore commento da parte di un esponente di Jugend Rettet, Sophie Tadeus. Il caso dunque riporta alla ribalta le ferocissime polemiche dell’estate scorsa quando, nel momento di grandissime partenze di migranti dalla Libia, l’attività delle ong che operavano nel mediterraneo, finì nell’occhio del ciclone.Per quanto riguarda l’organizzazione tedesca le accuse si riferiscono a due precisi episodi. Per la procura di Trapani nel settembre del 2016 e nel giugno del 2017, a largo della Libia si verificarono dei “contatti” tra l’equipaggio della nave Juventa e i trafficanti di uomini. Praticamente si imputano alla ong delle “consegne pattuite” di migranti. Inoltre si ravvisa un avvicinamento eccessivo alle coste libiche. Nonostante tutto ciò, Jugend Rettet non viene riconosciuto uno scopo di lucro ma solo un intervento per fini umanitari. Nelle 500 pagine prodotte dagli inquirenti, in particolare vengono descritte le fasi che riguardano gli episodi contestati.: l’equipaggio della Juventa avrebbe praticamente riconsegnato ai trafficanti tre piccoli natanti, sui quali erano stipati i migranti, in modo da poter essere riutilizzati invece di distruggerli.Le accuse sono corredate, oltre che da intercettazioni telefoniche, anche da evidenze fotografiche fornite da quelli che sono le principali fonti dell’accusa. Si tratta in particolar modo di un agente dello Sco, sotto copertura, imbarcato dal maggio 2017 sulla Vos Hestia di Save the Children. L’attività di polizia iniziò a seguito della segnalazione di Stefano Spinelli, un medico della onlus Raimbow for Africa, che partecipava alle missioni della Juventa. Secondo l’operatore sanitario la ong tedesca agiva al di fuori delle « disposizioni impartite dalla Guardia Costiera italiana». Rimane contraddittorio il ruolo di altri testi dell’accusa, Floriana Ballestra e Pietro Gallo. Si tratta dei contractors privati che lavoravano per la Imi Security service, anch’essi sulla Vos Hestia. Non si conosce ancora il motivo ma, come confermato da tutti i protagonisti della vicenda, avevano mandato un rapporto sull’attivita di Jugend Rettet a Matteo Salvini, al Movimento 5 Stelle fino ad arrivare ai vertici dei servizi segreti. E’ stato lo stesso leader della Lega a suffragare le dichiarazioni dei due contractors.L’inchiesta dunque proseguirà anche perché avranno un peso le ricostruzioni a discarico della Juventa elaborate dal gruppo di ricercatori Forensic Architecture. Un’inchiesta durata 8 mesi basato su riscontri fotografici e video che scagionerebbero i tedeschi. E che, nonostante il rigetto del ricorso sul dissequestro della nave, niente è ancora stato deciso definitivamente, lo dimostra il fatto che l’inchiesta è ancora a carico di ignoti.