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ITALIA, COMO, CARCERE, "IL BASSONE", ESTERNO GIORNO 20070112 COMO CRO STRAGE ERBA: CONIUGI RESTANO IN CARCERE, CONVALIDATO FERMO Il Bassone, la Casa Circondariale di Como, dove sono detenuti i coniugi Romano, accusati della strage di Erba. Il Gip di Como, Nicoletta Cremona, ha infatti convalidato il loro fermo disponendo la custodia cautelare in carcere.MATTEO BAZZI ANSA KLD
Un nuovo capitolo si aggiunge alla saga dei braccialetti elettronici, uno strumento utile come alternativa alla custodia cautelare, ma che, troppo spesso, si rivela un'illusione. A denunciarlo è l'avvocata Annalisa Abate del foro di Como, che in una lettera al nostro giornale ha raccontato la vicenda dei suoi due assistiti. Entrambi i giovani, imputati in procedimenti differenti, hanno visto sostituire la custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari, una misura ritenuta dal giudice più adeguata alla gravità dei fatti contestati. Tuttavia, le attese per l’installazione del dispositivo si sono protratte per settimane. «Situazione già di per sé inaccettabile», scrive l'avvocata Abate, sottolineando come la libertà personale di due persone meritevoli di una misura meno afflittiva sia stata sacrificata per inefficienze tecniche.
L’avvocata aggiunge che, dopo un’attesa di tre settimane, si è consumata l'ennesima beffa: i due imputati sono stati trasferiti presso le loro abitazioni dalle forze dell'ordine solo per scoprire che l'installazione del braccialetto non era possibile «per motivi logistici». E così «dopo aver assaporato per un istante il ritorno tra le mura domestiche, i miei assistiti sono stati immediatamente ricondotti nelle carceri di provenienza», prosegue l’avvocata.
Un’esperienza destabilizzante che, oltre a prolungare ingiustamente la detenzione, umilia profondamente coloro che si trovano già in una condizione di fragilità. Il caso evidenzia non solo l'inadeguatezza del sistema dei braccialetti elettronici ma anche una preoccupante indifferenza verso i diritti fondamentali dei detenuti.
La società incaricata della fornitura dei dispositivi, vincitrice della gara d'appalto, non ha ancora comunicato una nuova data per l'installazione, lasciando i due giovani in un limbo giudiziario. L'avvocata Abate chiede un intervento immediato delle autorità competenti per risolvere questa situazione paradossale, sottolineando come la libertà personale non possa essere «ostaggio di problematiche tecniche o logistiche».
Il caso solleva interrogativi più ampi sulla gestione delle misure alternative alla detenzione e sull'efficienza del sistema giudiziario italiano nel suo complesso. La vicenda mette in luce come il principio del minor sacrificio necessario della libertà personale, cardine del nostro sistema costituzionale, rischi di essere compromesso da inefficienze amministrative e tecniche che potrebbero e dovrebbero essere evitate con una migliore organizzazione del servizio. Uno dei passaggi fondamentali verso un maggiore uso dei braccialetti elettronici è stata la legge 47 del 2015, che ha disposto che le procedure elettroniche
di controllo venissero sempre applicate, salvo nei casi in cui il giudice non le ritenga necessarie. Prima del 2015 il braccialetto elettronico era quindi considerato un’eccezione, da quel momento avrebbe dovuto diventare la norma. Fino a qualche anno fa, ci sono stati numerosi problemi anche legati al ritardo della procedura della gara d’appalto, come segnalò Il Dubbio, e a seguire, altri problemi legati alla scarsità dei braccialetti elettronici (questione che non dipese in realtà da Fastweb, la ditta vincente, ma dal Ministero degli Interni), fino ad arrivare nel 2020 con il decreto Cura Italia che aumentò la richiesta di attivazione. Il 28 dicembre 2022, l’Amministrazione dell’Interno ha stipulato il contratto numero 30092, in vigore dal 1° gennaio 2023, per un servizio di «monitoraggio di soggetti mediante l’utilizzo di strumenti di sorveglianza elettronici, con servizi di monitoraggio, manutenzione correttiva ed evolutiva, nonché formazione, per un periodo di 45 mesi», al costo di 15.599.125 euro esclusa IVA. Durante la durata del contratto, l’Amministrazione non assume la proprietà dei dispositivi, ma paga un compenso per l’utilizzo singolo, fissato a 139 euro esclusa IVA.
In linea con il precedente accordo (stipulato il 14 dicembre 2017 dall’Amministrazione dell’Interno con un Raggruppamento Temporaneo di Imprese – RTI composto da Fastweb e Vitrociset, prorogato fino alla fine del 2022), il nuovo contratto prevede l’attivazione di 1.000 dispositivi al mese, con la possibilità di utilizzarne fino al 20% in più, per un totale di 1.200 dispositivi. Va sottolineato che per utilizzo si intende l’intero ciclo di vita di un braccialetto associato a un soggetto destinatario del provvedimento giudiziario, comprensivo dell’approvvigionamento, la distribuzione, l’attivazione, la manutenzione e la disattivazione del dispositivo. Ora però, il caso segnalato dall’avvocata Annalisa solleva altri interrogativi, evidenziando come la mancata installazione del braccialetto elettronico non debba essere liquidata come un episodio isolato o, peggio, come una prassi ricorrente.