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Al via l’iter per il ddl sull’equo compenso, incardinato ieri in Commissione Giustizia alla Camera in sede referente. All’esame della Commissione le proposte a prima firma dei deputati Jacopo Morrone (Lega), Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) e Andrea Mantelli (Forza Italia), che mirano tutte allo stesso obiettivo: tutelare il diritto del professionista di ottenere un giusto ed equo compenso nei rapporti contrattuali che lo riguardano. Tutte le proposte mirano ad ampliare l’ambito applicativo dell’attuale disciplina. Ma con alcune differenze: mentre la proposta di Morrone si applica a tutte le attività professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative, nonché di imprese che nel triennio precedente al conferimento dell'incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di 60 lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro, quella di Mandelli si applica a «qualsiasi rapporto professionale avente ad oggetto le prestazioni di un avvocato e di qualsiasi altro professionista», e ciò a prescindere dalla natura dell’impresa committente o alla sua dimensione, escludendo l’applicabilità dell’equo compenso soltanto per le prestazioni professionali svolte nei confronti di consumatori o utenti e agenti della riscossione. La proposta di Meloni, infine, ha una portata più ampia, applicando l’equo compenso a tutti i rapporti professionali senza alcuna eccezione.
Nel dettaglio, il disegno di legge della Lega ha lo scopo di salvaguardare i professionisti dai grandi committenti ed evitare «situazioni paradossali nelle quali si è giunti a ipotizzare che il lavoro possa essere retribuito in base a un prezzo simbolico, consistente in un compenso minimo aberrante» o a titolo gratuito. La proposta prevede, tra le altre cose, la conformità del compenso conforme ai parametri definiti dai decreti ministeriali, considerando vessatorie le clausole che prevedono la possibilità di modificare unilateralmente le condizioni del contratto e la pretesa di prestazioni aggiuntive a titolo gratuito. Clausole che verranno considerate nulle, mentre il contratto rimarrà valido per il resto. La proposta estende l’applicazione dell’equo compenso anche per le prestazioni rese nei confronti della pubblica amministrazione e degli agenti della riscossione, ma con tariffa dimezzata, anche se, ha precisato Morrone al Dubbio, solo per gli atti ripetitivi, cosa che verrà specificata più avanti con specifici emendamenti. La norma prevede inoltre la possibilità di class action a tutela dei diritti dei professionisti e un Osservatorio nazionale sull’equo compenso istituito presso il ministero della Giustizia, in continuità con l’istituzione, a luglio dello scorso anno, del nucleo di monitoraggio sull’equo compenso nato dall’intesa tra il ministro Alfonso Bonafede e il Consiglio nazionale forense. Fratelli d’Italia propone la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all'opera prestata. Qualsiasi accordo che preveda un compenso al di sotto dei parametri ministeriali potrà dunque essere impugnato dal professionista in tribunale, dove potrà richiedere la rideterminazione giudiziale del compenso. Gli ordini e i collegi professionali potranno inoltre sanzionare la violazione, da parte del professionista, dell'obbligo di convenire un giusto compenso. La proposta prevede anche l’istituzione, presso gli ordini territoriali di ciascuna professione, di un fondo compartecipato dallo Stato per la copertura delle spese per i servizi professionali resi su questioni urgenti o indifferibili in favore delle classi sociali meno abbienti.
Nella proposta di Forza Italia, infine, anche l’intenzione di mettere la parola fine ai bandi a zero compensi pubblicati da alcune pubbliche amministrazioni, come quello del ministero dell'Economia dello scorso anno. Le criticità della nuova normativa, legate ai contraenti forti, ai comportamenti di alcune pubbliche amministrazioni e alle limitazioni del campo soggettivo di applicazione, sottolinea Mandelli, «vanno corrette una volta per tutte. Dobbiamo far valere un principio di buon senso: le prestazione dei professionisti vanno remunerate, e in modo adeguato». La proposta legittima inoltre i Consigli nazionali delle professioni a promuovere azioni collettive contro le violazioni dell’equo compenso ed è previsto che il ministero della Giustizia adotti appositi decreti per ciascuna professione al fine di calibrarli sulle diverse necessità.