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«Finalmente non vedremo più bambini innocenti in carcere con le loro madri». Lo dichiara il deputato dem Alfredo Bazoli, capogruppo Pd in commissione giustizia della Camera, dopo l’approvazione dell’emendamento, a sua prima firma alla Legge di Bilancio, sostenuto dal Partito Democratico e da molte associazioni che si occupano del sostegno e dell’accoglienza al di fuori del circuito penitenziario di detenute madri con bambini al seguito. «L’emendamento approvato -spiega l’esponente del Pd - prevede un investimento di risorse specifico per garantire il finanziamento dell’accoglienza di genitori detenuti con bambini al seguito in case-famiglia protette ai sensi dell’articolo 4 della legge 21 aprile 2011, n. 62, e in case-alloggio per l’accoglienza residenziale dei nuclei mamma-bambino. A tal fine, con l’inserimento dell’articolo 56 - bis alla presente Legge di Bilancio, si crea un Fondo con dotazione pari a 1,5 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2021-2023». Secondo i dati forniti dal Ministero della Giustizia, al 31 ottobre 2020 all'interno degli istituti penitenziari risultano essere presenti 31 detenute madri con 33 figli al seguito. Di questi, sono 16 le madri e 17 i bambini ristretti nelle sezioni nido delle case circondariali, mentre gli altri risultano collocati all'interno degli Istituti a custodia attenuata per detenute madri (Icam). «Possono sembrare numeri piccoli, ma se si pensa alle conseguenze che la detenzione ha sul piano psicologico, emotivo e fisico di un bambino piccolo, la portata del fenomeno è devastante e inaccettabile», commentano le associazioni che si occupano dei bimbi dietro le sbarre. Per questo La Gabbianella e Terre des Hommes hanno chiesto nelle scorse settimane di riformare urgentemente la legge 62/2011 che disciplina la materia, con una proposta presentata a firma del parlamentare Pd Paolo Siani. L’Italia deve disporre di una legislazione in materia di infanzia in grado di assicurare sempre il rispetto del superiore interesse del minore e questo, a maggior ragione, se i bambini destinatari delle sue disposizioni vivono una condizione di estrema vulnerabilità, quale quella causata dalla detenzione con la propria mamma. Pur animata da nobili finalità, quella legge - spiegano le organizzazioni - fu un tentativo non riuscito di migliorare la condizione dei bambini a rischio di detenzione, come dimostra il corso dei dieci anni di applicazione della legge. Infatti, a causa di storture e limiti di applicazione della legge, paradossalmente l’hanno per taluni versi aggravata. Oggi ad esempio è previsto che un bambino possa rimanere nel carcere (o in una struttura di detenzione attenuata quali sono gli Icam) sino ai 6 anni, quando prima il limite era 3. Inoltre la legge, pur introducendo, finalmente l’istituto delle Case Famiglia Protette, alternativa concreta alla detenzione, nei fatti non le rende facilmente accessibili, prevedendo, tra le altre cose, che non vi siano oneri a carico dello Stato per il loro sostentamento. «Questi e molti altri sono gli elementi che fanno richiedere una tempestiva riforma dell’attuale disciplina, che permetta finalmente di rispondere ai bisogni di protezione, cura, assistenza e promozione del diritto del bambino di vivere e crescere davvero in un ambiente adatto alle sue necessità», sottolineano le organizzazioni. La Gabbianella e Terre des Hommes chiedono dunque «che il numero di bambini che ancora oggi varcano la soglia del carcere con la madre detenuta (in misura cautelare o in esecuzione pena) sia il più basso possibile considerando la carcerazione, anche attenuata nelle Icam, l’estrema ratio; che al 3° anno di età i bambini siano obbligatoriamente fatti uscire dal carcere e/o dagli Icam e la madre sia sempre coinvolta nel percorso di uscita del figlio, permettendole di svolgere quel naturale ruolo ’pontè con l’esterno, che eviterebbe al bambino un trauma all’atto della separazione; che dal 9° mese di vita i bambini presenti in carcere o Icam siano inseriti in strutture per l’infanzia, esterne al sistema penitenziario; che nell’ottica di ridurre al massimo la frequentazione dei luoghi carcerari da parte del bambino, siano favorite attività ulteriori rispetto al nido e alla scuola dell’infanzia: laboratori, iniziative di svago e gioco etc. In quest’ottica sia quindi promosso e favorito l’istituto dell’affidamento diurno (affidamento ad una famiglia e/o singola persona individuata dal Comune che accoglie il bambino durante il giorno, mentre la sera e in caso di malattia il bambino resta con la madre). Solo ed esclusivamente per le residue ore in cui il bambino è costretto a frequentare il carcere si chiede che tali attività siano previste anche al suo interno».