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Botta e risposta a distanza sulle intercettazioni tra il garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro, e il segretario della Fnsi ( Federazione nazionale stampa italiana) Raffaele Lorusso. Soro, rispondendo alle domande durante un convegno sul nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati personali a Cagliari, ha detto di apprezzare il decreto voluto dal ministro della Giustizia Andrea Orlando, «che nel complesso va nella direzione da noi auspicata da anni, cioè di limitare l’abuso di informazioni che vengono raccol-te per una finalità che è quella di accertamento dei reati e non per offrire informazioni ai giornalisti». E proprio su questo punto ha liquidato le preoccupazioni dei giornalisti che hanno urlato al bavaglio: «L’istituto dell’intercettazione non è stato pensato per i giornalisti, ma per il magistrato inquirente. I giornalisti hanno mille strumenti e il diritto di pubblicare tutto quello di cui vengono a conoscenza, ma le intercettazioni non sono state ideate per loro. Purtroppo c’è stato un abuso per cui adesso anche una modesta misura di cautela viene interpretata come un bavaglio, è un’enorme sciocchezza». Proprio quest’ultimo inciso ha creato frizioni con l’Fnsi.«È singolare che il presidente dell’Autorità garante della privacy definisca sciocchezze quelle che in realtà sono principi più volte stabiliti dalla Cedu in tema di pubblicazione di notizie coperte da segreto. Se avesse letto le sentenze, avrebbe facilmente dedotto che l’introduzione di una pena detentiva fino a tre anni a carico di chiunque, giornalisti compresi, dovesse rendere pubbliche notizie contenute in atti d’indagine considerati irrilevanti, rappresenta una forma di bavaglio per i giornalisti», è la piccata replica di Lorusso, contrario all’ipotesi per un giornalista di incorrere nella fattispecie penale di concorso in rivelazione di atti coperti da segreto, nel caso di pubblicazione di intercettazioni ritenute dalla magistratura non di interesse per l’indagine e quindi custodite nell’archivio riservato del pm. «La Corte - ha proseguito Lorusso - ha ribadito che il giornalista è tenuto a pubblicare tutte le notizie di interesse generale e di rilevanza sociale, anche se coperte da segreto, perché esiste il diritto dei cittadini ad essere informati. È vero che le intercettazioni sono materiale investigativo non a disposizione della stampa, ma quello che Soro dimentica è che non è compito del giornalista mantenere il segreto sulle notizie. Tale obbligo grava semmai su chi per dovere d’ufficio deve custodire quegli atti e la violazione non può in nessun caso essere addebitata ai giornalisti». Immediata la risposta di Soro, che ha rispedito al mittente le critiche: «Lorusso si documenti, non ho mai espresso apprezzamento per alcuna nuova fattispecie penale volta a sanzionare la diffusione di conversazioni, contenute in atti d’indagine, ritenute irrilevanti ai fini del procedimento. Il mio apprezzamento era rivolto alle misure di cautela introdotte dal decreto per limitare l’ingresso, nel fascicolo processuale, di conversazioni ritenute irrilevanti, in particolare se contenenti dati sensibili». Il Garante chiama in causa anche il diritto dei cittadini alla privacy, sottolineando come «il criterio cui deve attenersi il giornalista resterà, anche dopo il decreto, quello dell’interesse pubblico della notizia e dell’essenzialità dell’informazione, ma nel rispetto della dignità della persona». Un dibattito, quello intorno alla pubblicabilità delle intercettazioni, che è destinato a dividere e che ha assunto nuovi connotati con l’introduzione dell’archivio riservato del pm, in cui confluiscono quelle ritenute non rilevanti. Proprio questo elemento, che copre col segreto gli ascolti irrilevanti, riaccende il confronto pubblico sul bilanciamento dei diritti in campo: la privacy dei cittadini, il diritto all’informazione e la tutela delle indagini.