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Ieri l’ufficializzazione delle dimissioni da segretario, oggi la rinuncia alle primarie. La tattica di Matteo Renzi è chiara: provare a disarmare il plotone delle minoranze in vista della direzione di lunedì prossimo. E proprio per placare gli avversari interni, Renzi continua a veicolare l’immagine del leader a riposo: «Passa le giornate a fare la scuola guida al figlio, lontano dalle beghe romane del Nazareno», scrivevano ieri i più informati. In ogni caso l’annuncio della rinuncia alle primarie non è arrivato dal diretto interessato ma dal fedelissimo Ettore Rosato, il che ha insospettito più di un capocorrente: «Renzi ha detto con chiarezza che non si ricandida alle primarie, non vuole fare il segretario, ha fatto la sua parte», ha comunque confermato Rosato. Fatto sta che l’esercito dei fedelissimi è intatto. Grazie al “colpo di mano” notturno sulle liste, i “toscani” dem eletti in Parlamento sono più del 60% della pattuglia totale democrat. In attesa della proclamazione e dell’assegnazione definitiva dei seggi plurinominali, gli eletti sotto il segno del Giglio sono infatti 21 su un totale di 45 eletti dem al Senato e 51 su un totale di 82 ( ma saranno 91 dopo l’assegnazione definitiva dei seggi plurinominali) alla Camera. Numeri, che al momento, scoraggiano qualsiasi ipotesi di accordo politico che non sia guidato da Renzi. Di qui la scelta di lasciare con “serenità” la guida del partito, consapevole del fatto che ogni decisione dovrà passare sul suo tavolo. Insomma, la parola d’ordine, al momento, è smobilitare, liberare il campo.
Una ritirata strategica confermata anche da Maria Elena Boschi che ieri si ostinava a ripetere il suo completo disinteresse per le poltrone che contano: «Sono costretta a ripetere ciò che ho detto ieri e nei giorni scorsi. Non sono interessata, né in pista, per ricoprire il ruolo di capogruppo nè quello di vicepresidente della Camera. Prego cortesemente di non tirare in ballo il mio nome per ruoli cui non aspiro e che altri amici del Pd potranno egregiamente svolgere».
E chissà se tra gli “amici”, Boschi non includa anche Dario Fran- ceschini accusato, senza troppi giri di parole, di voler cercare l’accordo con i grillini per prenotare la poltrona di Montecitorio. «Vediamo se nei gruppi parlamentari avrai i numeri per fare un accordo con M5s», pare gli abbia detto a mezza bocca il renzianissimo Luca Lotti. In ogni caso la minoranza sembra aver fin troppo chiara la strategia dell’ex segretario. E dopo aver liquidato la questione dell’alleanza di governo con i 5Stelle - «è un diversivo del segretario per buttare la palla in tribuna», copyright Andrea Orlando - ora sono tutti impegnati a disarmare le pattuglie renziane. Una frase che proprio non è andata giù a Luca Lotti che, forte del 40% incassanto nel suo collegio, ha sbottato: «Ha ragione il ministro Orlando quando chiede un dibattito nel Pd, sul Pd. Almeno, così, avremo modo di parlare di chi ha perso nel collegio di residenza ma si è salvato col paracadute ( leggi Orlando e Minniti), di chi non ha proprio voluto correre ( Cuperlo) e di chi ha vinto correndo senza paracadute ( Lotti, Boschi e Renzi). Se vogliamo aprire un dibattito interno facciamolo. Perché sentire pontificare di risultati elettorali persone che non hanno mai vinto un’elezione in vita propria sta diventando imbarazzante». Replica di Orlando: «Lotti attacca me per mandare un messaggio ai renziani in fuga».
Ma l’ultima parola se la prende Oliviero Toscani che annuncia: «Anch’io come Carlo Calenda ho deciso di iscrivermi al Pd. Salgo sul carro di chi ha difficoltà, non di quello dei vincitori. Fonderò l’Associazione Majakòvskij perchè era un uomo di visione, ' suicidato' dal regime».