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Due lauree e un Master in carcere, ma per i giudici è ancora pericoloso
Per la prima volta un ergastolano ostativo ha ottenuto la liberazione condizionale nonostante la sua mancata collaborazione con la giustizia. Una concessione che ha tenuto conto degli effetti della storica sentenza numero 32 della Corte costituzionale, quella sulla incostituzionalità degli effetti retroattivi della riforma “spazzacorrotti” voluta dal ministro Bonafede. Per essere più chiari. L’ergastolano, attualmente difeso dall’avvocato Michele Passione e Gianfranco Giunta, ha avuto una condanna per i delitti commessi nel 1990. Prima del 1992 - o meglio prima del decreto post strage di Capaci sul 4 bis che ha inasprito la formula originaria voluta da Falcone -, l’accesso ai benefici non era subordinata all’obbligo di collaborare con la giustizia. L'incostituzionalità della retroattività della "spazzacorrotti" Quindi anche per i condannati ostativi vale il divieto di retroattività sancito dall’articolo 25 della Costituzione. Un concetto ribadito dalla Consulta nel dichiarare appunto incostituzionale la retroattività della legge “spazzacorrotti”. L’avvocato Passione, nell’istanza, ha fatto riferimento proprio a questo. Il magistrato di sorveglianza di Firenze, nel concedere il beneficio, ha preso in considerazione l’evoluzione giurisprudenziale sul tema della retroattività delle norme in materia di esecuzione penale. L’ergastolano ha commesso reati antecedenti alla data in vigore della disposizione che ha introdotto quei paletti (ora messi in discussione dalla recente sentenza della Consulta sul 4 bis) che rende inammissibile la concessione di taluni benefici, compresa la liberazione condizionale. L’ergastolano è detenuto fin dal 1993 per il duplice omicidio commesso al luglio del lontano 1990. Degno di nota - onde evitare le polemiche strumentalizzando le vittime - è il fatto che il condannato ha inviato una lettera di scuse nel 2018 ai familiari delle due persone uccise: costoro hanno risposto affermando sostanzialmente di accettarle e di non aver alcuna rivendicazione nei suoi confronti comprendendo il “contesto” in cui era avvenuto l’efferato delitto. Un contatto epistolare che il magistrato di sorveglianza stesso, ritiene umanamente significativo. Dal 2011 sta fruendo di permessi premio L’ergastolano, fin dal 2011 ha cominciato a fruire dei permessi premio e dal 2016 il tribunale di Firenze lo ha ammesso alla misura di libertà visto che nel tempo – come si leggono nelle relazioni di sintesi - «ha consolidato atteggiamenti collaborativi ed autocritici nel rapportarsi e nella disamina articolata sulle circostanze correlate alla commissione del reato». Non solo, nelle relazioni risulta verificata «l’assenza di pericolosità sociale, né elementi concreti in ordine al mantenimento di collegamenti con la criminalità organizzata». D’altronde, lo stesso tribunale di sorveglianza di Firenze che gli ha concesso la liberazione condizionale, ha fatto i dovuti accertamenti. Infatti – scrive il giudice nell’ordinanza – «dalle informazioni dell’organo di polizia e del comitato prefettizio non emergono elementi concreti e specifici dai quali desume la sussistenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata e/o eversiva». Il giudice ha anche potuto constatare che la relazione del gruppo di osservazione della casa circondariale “Mario Gozzini”, dà conto dell’impegno nell’attività lavorativa, cambiata nel corso del tempo. Tanti sono gli elementi che hanno permesso di ritenere che, sotto il profilo del sicuro ravvedimento, nel caso di specie ricorrono le condizioni per l’accoglimento dell’istanza, «considerata l’irreprensibile condotta, la piena revisione critica del fatto, il buon esito de permessi premio». Resta sullo sfondo che tale ordinanza potrebbe aprire un varco per tutti gli ergastolani che sono stati condannati per delitti commessi prima del 1992. D’altronde ciò è cristallizzato nella sentenza della Consulta che si è dovuta pronunciare sulla riforma Bonafede.