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In commissione Giustizia si erano sbilanciati in molti sulla possibilità di stringere al massimo i tempi per la legge elettorale degli ordini forensi, e di chiedere la sede deliberante al presidente del Senato. Così è stato: nel tardo pomeriggio di ieri il presidente Nico D’Ascola ha firmato la richiesta di poter dare il via libera al testo senza passare per l’Aula, dopo che tutti i gruppi rappresentati in commissione si erano pronunciati favorevolmente. Pietro Grasso dovrebbe decidere in tempi brevi, e D’Ascola confida in un esito positivo: «Non è il solo provvedimento sul quale ritenevamo opportuna la sede deliberante, e se ci siamo mossi in questa direzione sulle regole per eleggere i Consigli degli Ordini degli avvocati, è perché registriamo un clima di grande disponibilità e collaborazione con la seconda carica dello Stato». Relatore del ddl è il plenipotenziario di Denis Verdini sulla giustizia, il senatore Ciro Falanga, che è avvocato. L’intervento normativo si è reso particolarmente urgente dopo che la Cassazione ha annullato i procedimenti elettorali in due Ordini, quelli di Latina e di Bari. In due sentenze depositate la settimana scorsa, le Sezioni unite avevano accolto i ricorsi contro le pronunce con cui il Consiglio nazionale forense aveva stabilito di non dover annullare le elezioni nelle due città. Secondo l’organo di rappresentanza istituzionale dell’avvocatura, non era possibile applicare ai casi in questione la sentenza con cui il Tar del Lazio aveva dichiarato illegittimo il regolamento ministeriale sul voto negli Ordini, considerato che quella pronuncia del giudice amministrativo era intervenuta successivamente allo svolgimento delle elezioni. La Suprema corte ha stabilito che il Cnf, in quanto organo di giurisdizione speciale, avrebbe invece potuto disapplicare il regolamento e annullare i procedimenti elettorali.
Il ddl Falanga rimedia al disordine per il fatto stesso di intervenire sulla materia con legge primaria. Non sarà più possibile che, nei Consigli con 15 componenti, ciascun avvocato indichi un numero di candidati pari a quello degli eletti, né che ciascuna lista possa proporre tanti nomi quanti dovranno essere i consiglieri: la soglia massima è fissata in due terzi del totale.