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Rafforzare la terzietà del giudice come garanzia per il contraddittorio tra le parti e la legalità del processo, senza indebolire il ruolo del pubblico ministero, che conserva l’autonomia dalla politica, ma limitando lo squilibrio che ha dato ai capi delle procure «un potere incontrollato e incontrollabile». Sono questi gli obiettivi della proposta di legge popolare sulla separazione delle carriere sulla quale l’Unione delle Camere penali sollecita l’attenzione dei deputati, con una lettera inviata in vista dell’avvio della discussione generale alla Camera prevista per lunedì prossimo, a firma di Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Ucpi, e di Beniamino Migliucci, presidente del Comitato promotore per la separazione delle carriere dei magistrati. «Siamo certi che il dibattito parlamentare che finalmente si celebrerà sul tema, grazie alla iniziativa popolare promossa dalle Camere Penali Italiane, saprà onorare l’importanza della questione, memore del fatto che oltre settantamila persone abbiano sottoscritto la nostra proposta e che nel 2000 oltre 9 milioni di cittadini ebbero a votare sì al referendum proposto dai radicali per la separazione delle carriere», scrivono i penalisti. La terzietà del giudice, si spiega nella lettera ai deputati, «mira, dunque, a garantire l’effettiva attuazione del principio del contraddittorio, della parità delle parti e ad assicurare l’imparzialità della decisione, perché, a logica e senza la necessità di grandi approfondimenti, si comprende che qualora il Giudice non sia strutturalmente distinto rispetto a chi accusa e a chi difende, difficilmente potrà essere e apparire garante della legalità del processo, e la sua decisione perderà di autorevolezza». E «non può essere ignorato - ammoniscono i penalisti - il tema dei rapporti tra ’controllorè (il giudice) e ’controllatò (il pubblico ministero). Per rendere effettivo, proficuo e credibile il controllo, giudicante e inquirente non devono essere sottoposti al potere disciplinare di un unico organo che, tra l’altro, decide promiscuamente anche degli avanzamenti in carriera di giudici e pubblici ministeri, condizionando altresì le reciproche aspettative rappresentative»Il potenziamento del ruolo del Giudicante, d’altro canto - assicurano le Camere penali - non indebolirebbe ruolo e funzione del Pubblico Ministero, che nella proposta in esame conserva chiaramente la propria autonomia e indipendenza dal potere politico. Rafforzando la figura del giudice -più che mai nella fase delle indagini preliminari- si limiterebbe lo squilibrio che ha conferito ai capi delle Procure un potere incontrollato e incontrollabile: un giudice effettivamente terzo e percepito come tale dalla comunità conferirebbe autorevolezza alle decisioni e riaffermerebbe il principio della presunzione di innocenza attribuendo finalmente valore preminente alle sentenze rispetto alle indagini.» Contrariamente a quanto si ritiene, molti Magistrati convengono sulla necessità di pervenire alla riforma ordinamentale contemplata nella proposta di legge in esame alla Camera«, si sottolinea nella lettera, nella quale i penalisti ricordano che »settantamila persone hanno sottoscritto la nostra proposta per avere un Giudice terzo che sia e appaia tale, garante dei diritti e delle libertà di tutti, e che non confonda mai il processo penale con uno strumento di lotta a questo o quel fenomeno criminale« e che »quasi la totalità dei Paesi che hanno adottato il sistema accusatorio ha attuato la separazione delle carriere e ciò vale per Germania, Svezia, Spagna, Portogallo, Inghilterra, Stati Uniti, Australia, Canada, Nuova Zelanda, Giappone«. »D’altronde, il valore liberale di questa riforma - concludono i penalisti - con è confermato, se ancora ve ne fosse bisogno, dalle ragioni per le quali il Regime Fascista sostenne con forza, nella Relazione alla Legge sull’Ordinamento Giudiziario firmata da Dino Grandi, l’unitarietà delle carriere tra magistrati inquirenti e giudicanti«.