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Era recluso ininterrottamente dal 2018 nella cosiddetta area riservata al 41 bis del carcere di Parma per fare da “dama di compagnia”, gergo carcerario per indicare la persona che viene sacrificata per condividere l’ora di socialità con il detenuto al 41 bis ulteriormente inasprito. Le avvocate Barbara Amicarella e Antonella Minutiello hanno fatto reclamo per chiedere immediatamente il trasferimento, perché tale sistemazione sarebbe ingiustificata e lesiva delle condizioni personali del detenuto, sia pur sottoposto al 41 bis, anche per i suoi problemi di salute che lo affliggono.
In particolare presenta la sindrome claustrofobica, del tutto incompatibile con la caratteristica ambientale dell’area riservata, dove la cella risulta non areata, scarsamente illuminata, di dimensioni ridottissime, chiusa da una rete metallica e coperta da un tendone. Oltre a ciò, tale sistemazione – come ha poi riconosciuto il magistrato di sorveglianza – comporta la condivisione dell’area di socialità con un solo detenuto e ciò comprime la partecipazione a momenti di socialità ( il 41 bis l’assicura in gruppi fino a quattro persone) e trattamentali per la finalità rieducativa per un detenuto che comunque ha un fine pena nel 2029. Il magistrato di sorveglianza ha accolto il reclamo e ha ordinato il trasferimento del detenuto presso la sezione “ordinaria” del 41 bis, ritenendo che la sua sistemazione nell’area riservata è del tutto ingiustificata.
Decisiva è stata anche la relazione effettuata dal garante dei detenuti del comune di Parma, Roberto Cavalieri. Ha potuto constatare nuovamente che la cosiddetta area riservata del carcere di Parma presenta caratteristiche decisamente critiche. Lo spazio dei passeggi è di dimensioni ridottissime, senza una copertura idonea di riparo dalle intemperie. Lo spazio non è servito da luce diretta, ma è in ombra e non è presente alcuna sedia, importante per i detenuti anziani. Il garante Cavalieri ha anche relazionato le condizioni delle celle. Le finestre si affacciano sull’area dei passaggi, dove in sostanza non entra la luce e viene anche compromesso il ricambio dell’aria. L’entrata della cella si affaccia su un corridoio che presenta ampie finestre che prima dei lavori di costruzione del nuovo padiglione permetteva l’entrata di luce naturale, mentre attualmente, con la costruzione dei tunnel di collegamento tra il nuovo padiglione e le sale colloquio, risulta un totale impedimento alla luce naturale di illuminare gli spazi detentivi.
Il detenuto, grazie al reclamo delle avvocate, poi accolto dal magistrato di sorveglianza, è stato trasferito, ma subito dopo inevitabilmente è stato sostituito da un'altra persona per fare, appunto, da “dama di compagnia”. È il destino di chi viene recluso nell’area riservata, una forma di carcerazione ancora e parecchio più aspra del 41 bis. Ulteriore riduzione dell’ora di socialità, isolamento pressoché totale, completamente al buio perché il più delle volte si è internati sottoterra.
Queste sono le caratteristiche principali di questa carcerazione che non ha nessun fondamento normativo, ma nonostante ciò è un atto amministrativo che viene applicato per i boss mafiosi di un certo calibro. Questo regime ulteriormente duro è stato più volte messo all’indice dagli organismi internazionali, come il comitato europeo per la prevenzione della tortura ( Cpt), ma anche dal dossier della commissione dei diritti umani presieduta dal senatore Luigi Manconi e, non da ultimo, dal Garante nazionale dei diritti dei detenuti, Mauro Palma. Il Cpt ha evidenziato il “quasi isolamento” previsto dal regime speciale di questa area riservata caratterizzato da un accesso limitato all’aria aperta, una socializzazione ridotta al minimo e con possibilità di accedere solo a spazi angusti. In alcune carceri, queste aree riservate comportano un isolamento totale.
Un super 41 bis così duro, al punto che l’amministrazione passata, per non subire accuse di disumanità, ha dovuto inventarsi di trovare per ogni detenuto isolato in queste condizioni la “dama di compagnia”, un altro detenuto sacrificato per dare una parvenza di umanità. E ciò significa che oltre ai mafiosi di grosso calibro, vengono sacrificate altre persone che appartengono alla mafia di “basso rango”. Il regime 41 bis in area riservata è super duro, così duro che diventa per alcuni una tortura insostenibile.
Così come accadde al cugino del capoclan Francesco Schiavone, suo omonimo detto “Cicciarello”, che lo portò a dissociarsi. «Non sentivo alcun rumore quando ero in cella – aveva spiegato ai giudici Schiavone – nemmeno una porta sbattere o una persona chiacchierare. Stavo impazzendo». Ma lo scopo del 41 bis, teoricamente, non è nato per torturare la persona con la finalità di farlo dissociare. La ratio, sulla carta, è quella semplicemente di evitare che i boss diano ordini esterni al proprio clan di appartenenza.