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Andrea Orlando
La sinistra di Andrea Orlando già c’è, senza che si debba allestire un congresso per farla luccicare: «Rischiamo di avere più candidati che idee, mentre dobbiamo tornare alle idee», dice il confermato ministro della Giustizia a “Carta bianca”, il programma di Bianca Berlinguer su RaiTre. E le «idee» sono già messe in ordine grazie a un blog, “Lo Stato presente”, annunciato via facebook dal guardasigilli.
Lo spazio di discussione appena creato presenta in homepage due firme dal peso davvero notevole: Giuliano Amato, che pubblica l’intervento dal titolo “Il ritorno dello Stato” e spiega come «finanche negli Stati Uniti» si sia arrivati «all’acquisizione pubblica delle banche», e addirittura Raffaele Cantone. Il presidente dell’Authority anticorruzione dà lustro a un’iniziativa che non potrebbe essere più alternativa al Pd renziano con un articolo sulla materia di sua competenza: “La corruzione: sfida aperta allo Stato”. Non è finita qui: la sinistra che Orlando ha in mente è anche in un controrilancio azzardato sempre nell’intervista con la Berlinguer: «Noi dobbiamo guidare il Paese verso le elezioni» ma «lo scopo del voto non deve essere evitare il referendum sul jobs act», premette il ministro. Che aggiunge: «Non credo si debba mettere in discussione l’impianto di una legge che considero utile, ma dobbiamo capire se si può aprire l’interlocuzione col sindacato e su possibili modifiche, e valutare se la via del referendum è l’unica». Orlando mette già sul tavolo un dossier che si preannuncia divisivo per i dem: ma la sua convinzione è che il partito debba «discutere di questo», cioè «di come recuperare una distanza critica dal quel succedaneo del liberismo anni 80 sposato dalla destra» e «rappresentato dall’infatuazione globalista che ha costituito il riferimento ideologico della sinistra di governo dagli anni 90 ad oggi». E qui le parole non sono pronunciate in tv ma messe nero su bianco nel blog con Amato e Cantone. Nel primo degli articoli in homepage, per l’esattezza, firmato dallo stesso Orlando.
Non si può dire che il ministro e leader dei “Giovani turchi” si avventuri nella contesa interna senza attrezzatura ideologica. Da tempo sostiene che la sinistra europea si è fatta trovare impreparata di fronte all’uragano della globalizzazione e ha lasciato praterie sconfinate al populismo di destra. Di materiale ce n’è abbastanza, il che per però non vuol dire che la sua candidatura a segretario sia già in arrivo: «Non credo si tratti di chi si candida ma di cosa facciamo», dice a “Carta bianca”, «prima di dare il via a una campagna che rischia di essere una disfida pre-elettorale» è meglio «sciogliere i nodi sui quali siamo chiamati a riflettere tutti insieme».
Nel frattempo Orlando avrà da condurre in porto almeno un paio dei dossier che gli competono come guardasigilli. «Ci sono le condizioni per portare a termine la riforma della giustizia penale, compresa quella della prescrizione, così come è uscita dalla commissione», dice. Smentisce dunque l’ipotesi di uno stralcio delle norme sui tempi di estinzione dei reati per favorire una convergenza più ampia sul provvedimento. Assicura anche di voler completare l’iter per introdurre il reato di tortura. Anche questa legge è ferma in Senato ma il guardasigilli si dice certo che l’obiettivo sia «realizzabile entro la fine del nostro lavoro». Il programma giustizia del nuovo governo sarà definito nell’incontro tra Orlando e Gentiloni fissato per inizio settimana prossima. Negli stessi giorni verranno ri-nominati i tre sottosegretari alla Giustizia: Cosimo Ferri, Gennaro Migliore e Federica Chiavaroli. Prima di tutto il ministro dovrà sciogliere il nodo degli aggiustamenti invocati dall’Anm: reinnalzamento a 72 anni dell’età pensionabile per tutti i magistrati e ritorno a 3 anni del tempo di permanenza nella sede assegnata per i giudici di prima nomina. Il sindacato delle toghe ha già chiesto un incontro urgente al guardasigilli, da via Arenula confermano che sarà fissato a breve. L’Associazione magistrati punta a far inserire le due misure nel decreto milleproroghe: fossero varate dopo il 31 dicembre, risulterebbero quasi del tutto inefficaci. L’agenda di Orlando è in ogni caso molto fitta. Ma l’impressione è che la nuova fase apertasi con Gentiloni abbia ridato slancio al 46enne leader della sinistra dem. Come ministro, certo. Ma soprattutto come alfiere di un’alternativa a Renzi fondata non sul rancore ma su una sinistra antiglobalista di cui ancora nessuno s’era azzardato a parlare.