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Troppo taglia e cuci di parole ha trasformato il quesito da “solamente” manipolativo ad additivo, e dunque inammissibile. Per questo, probabilmente, il quesito referendario sull’articolo 18 proposto dalla Cgil si è infranto contro la linea ortodossa della Corte Costituzionale, sostenuta da Giuliano Amato.
Da sempre i quesiti si costruiscono su una sapiente riscrittura delle leggi, fatta di “tagli” a congiunzioni, preposizioni e sostantivi fino a capovolgerne il significato e la Consulta ha sempre mantenuto una linea: tutto ciò che estende i diritti va considerato ammissibile. E allora perché in questo caso questa giurisprudenza non è bastata? Analizzando il quesito proposto dal sindacato, i giudici hanno ritenuto che il quesito non fosse solamente manipolativo, dunque abrogativo di una parte della norma sulla tutela reale per i licenziamenti fino a riportarla alla disciplina vigente con lo Statuto dei Lavoratori del 1970. Il nuovo testo da votare, in caso di vittoria del sì al referendum, avrebbe invece prodotto una nuova norma, mai voluta dal Legislatore, che allargherebbe la tutela reale in caso di licenziamento a tutte le società con più di cinque dipendenti ( previsione che prima riguardava solo il settore dell’agricoltura), trasformando dunque il quesito in additivo.
Il braccio di ferro tra ammissibilità ( votata dalla relatrice Silvana Sciarra e da altri 4 giudici) e inammissibilità ( la linea di Giuliano Amato e Augusto Barbera che ha ottenuto 8 voti), si è fondato su due diversi orientamenti giurisprudenziali: il primo, quello della sentenza del 2003 con relatore Gustavo Zagrebelsky; il secondo e vincitore, quello della sentenza del 1995 sui quesiti referendari - dichiarati inammissibili in materia di pubblicità radiofonica e televisiva sulle reti Rai. Proprio quest’ultima sentenza, infatti, potrebbe offrire il puntello per le motivazioni che la Consulta stenderà in settimana, in quanto sancisce l’inammissibilità di un quesito che «ha un carattere propositivo, volto a introdurre un divieto assoluto di trasmissioni pubblicitarie: finalità che non può essere raggiunta con la pura e semplice ablazione dall’ordinamento della disposizione della legge n. 103/ 1975». Valutazione, questa, che potrebbe essere utilizzata per giustificare la bocciatura del quesito sull’articolo 18.