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L’esodo o, meglio, la grande fuga in toga dalle campagne. Soprattutto se al Sud. Anche i giudici subiscono il fascino della metropoli. E’ sempre più difficile, infatti, trovare magistrati disposti a trasferirsi in un tribunale di un piccolo centro. E chi vi presta servizio, alla prima favorevole occasione, scappa a gambe levate e senza farsi troppi problemi per un ufficio giudiziario di una grande città. Il fenomeno è esploso nell’ultimo periodo e sta mettendo in seria difficoltà l’esercizio della giurisdizione nei centri minori del Paese. Due i casi più recenti. La Procura di Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina e il Tribunale di Vallo della Lucania in provincia di Salerno.
Nel primo, su un organico di quattro sostituti, oltre al procuratore, è presente un solo pm. Nel secondo, invece, la metà dei posti come giudice è vacante. In entrambi i casi le scoperture sembrano destinate a durare a lungo in quanto nessun magistrato, pare, abbia fatto domanda per esservi trasferito.
Molto difficile pensare che un sistema possa funzionare con questi numeri. E’ sufficiente in inverno un semplice attacco influenzale per chiudere per malattia l’intero ufficio una settimana almeno.
Da parte sua il Consiglio superiore della magistratura provvede con continuità a bandire i posti scoperti. Ma è uno sforzo vano in quanto appena il magistrato è “legittimato”, ciò ha maturato il periodo minimo di permanenza nella sede previsto per legge, cioè quattro anni, presenta domanda per andare via. E si ricomincia daccapo con un turn over che per molti uffici ha raggiunto ritmi frenetici.
La disciplina dei trasferimenti dei magistrati è strutturata in modo tale che nessuno, Csm o Ministero della giustizia, possa impedire alla toga di fare domanda per andare via dalla sede dove presta servizio. Anche se questo trasferimento creerà una scopertura e un - prevedibile - disservizio all’ufficio.
Non è infatti possibile bloccare, salvo per un periodo limitato, il magistrato nella sede in attesa che arrivi il suo sostituto. Ciò invece permetterebbe di garantire la necessaria continuità dell’attività giurisdizionale.
Il fenomeno è particolarmente sensibile nel settore civile, dove il ruolo del magistrato trasferito spesso resta in stand by in attesa che venga riassegnato al nuovo collega che verrà.
Le conseguenze negative, nel settore giudicante penale, sono ancora più evidenti, con la dilatazione dei tempi dei processi a causa della rinnovazione dei dibattimenti.
Non risultano ricerche specifiche da parte del Ministero della giustizia o del Csm sul perché di questa disaffezione per i piccoli centri.
Spesso si tratta di realtà con una qualità della vita molto alta, come nel caso del territorio sotto la competenza del Tribunale di Vallo della Lucania. Oltre ad essere una zona turistica, i carichi di lavoro sono notevolmente inferiori a quelli di Salerno, sede della Corte d’Appello da cui dipende, che invece è a pieno organico. Anche i fenomeni criminali sono contenuti.
Si possono solo fare ipotesi. Un grande tribunale offre sezioni specializzate, funzioni distrettuali, è appunto sede di Corte d’Appello. Permette una crescita professionale diversificata.
Come risolvere il problema spetterà solo al legislatore. Magari rispolverando gli incentivi economici come fece il governo D'Alema. Su questo il Csm ha poco margine di manovra.