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La straordinaria abilità della maggioranza giallorossa è nell’accumulare potenziale di scoppio senza arrivare mai alla deflagrazione. Perché se davvero si facesse la cronaca, per quanto se ne sa, del vertice sulla giustizia di giovedì sera, si dovrebbe concludere che il governo di Giuseppe Conte ha i giorni contati. E invece i contrasti sulla prescrizione emergono, divampano, ma poi nel day after, cioè ieri, sembrano ancora una volta disinnescati. Sembrano. Se non fosse per un’impennata imprevedibile. Firmata da Andrea Marcucci, capogruppo pd al Senato (e legatissimo a Renzi). Dopo che in mattinata altri del suo partito parlano sì di una «nostra proposta che indica tempi certi per i processi» e che «presenteremo nei prossimi giorni», alle 16.30 Marcucci, dalla sua pagina facebook, dà il testo già per depositato e intima al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede di convocare subito, prima di Capodanno, il vertice che la sera prima il resto del Pd aveva concordato, dopo lunga trattativa, di aggiornare al 7 gennaio. Strano? Vero, però. Scrive il presidente dei senatori democratici: la prescrizione «fu approvata da Salvini e dal M5S» e «entra in vigore il prossimo 1 gennaio. Una legge, tanto per essere chiari, anticostituzionale e barbara, che di fatto rende l’Italia il paese dove i processi possono durare per sempre». Aggettivi inauditi, almeno dal fronte dem. Ma Marcucci va pure oltre: «Il Pd ha presentato un proprio disegno di legge per stabilire una durata ragionevole dei processi. Il ministro Bonafede convochi un vertice prima della fine dell’anno. Per il Pd è semplicemente impossibile che una legge del genere passi senza correttivi».Cosa vuol dire? Che nella maggioranza ci sono scintille fuori controllo, in grado di innescare l’ordigno da un momento all’altro. Si concentrano in Italia viva e in quei parlamentari dem che sono più in sintonia con Renzi. Persino se rimasti all’ombra del Nazareno a fare i capigruppo, come Marcucci appunto. Eppure i focolai di incendio sono per ora isolati. Così Bonafede può assicurare che è tutto a posto per il decreto intercettazioni, e che «è vero, sulla prescrizione ci sono distanze, ma abbiamo deciso di rivederci il 7 gennaio, e comunque non ho preclusioni verso alcuna proposta». Lo dice dopo il vertice di giovedì, durato 4 ore, in cui si è detto di tutto e Italia viva, in particolare, è arrivata di nuovo a indicare nel novero delle ipotesi quella più devastante: «Non escludiamo di votare la legge Costa», ha avvertito la delegazione renziana composta da Maria Elena Boschi, Lucia Annibali e Giuseppe Cucca.Adesso il programma prevede che nel Consiglio dei ministri di stamattina sia dato l’ok alle norme correttive sulle intercettazioni, con il nuovo slittamento della riforma Orlando: non al 30 giugno come inizialmente previsto ma al 2 marzo. Nello stesso tempo, il Pd annuncia: «Presenteremo nei prossimi giorni una nostra proposta di legge che consenta di salvaguardare la ragionevole durata del processo. Confidiamo ancora in un’intesa di maggioranza, ma senza segnali di apertura da parte del M5s ci sentiremo liberi di proseguire l’iter parlamentare». Parole di Alfredo Bazoli, che dei dem è il capogruppo nella commissione Giustizia di Montecitorio, confermate dal responsabile Giustizia Walter Verini: «Il testo arriverà a brevissimo. E sarebbe stato meglio discuterne prima del 31. Lo faremo il 7», spiega Verini al Dubbio, «e il proposito di cercare un’intesa non è virtuale: a Bonafede non chiediamo abiure rispetto alla sua legge, ma da lui neppure accettiamo diktat. Siamo convinti che si debbano evitare gli effetti perversi del blocco alla prescrizione».Una tensione sospesa di cui approfitta Matteo Salvini, che trova il tempo per definire «una schifezza» il processo penale senza prescrizione e per chiedere le «dimissioni» di Bonafede. Ma appunto, il problema non è l’opposizione. È Italia viva. Che nel vertice di giovedì sera è stata assai più dura del Pd. E che il giorno dopo definisce «inutile» un vertice il 7 gennaio, quando la nuova prescrizione sarà già in vigore. Intanto oggi a Palazzo Chigi ci si vede di nuovo. Vanno ratificate le correzioni ulteriori chieste da Italia viva, Pd e Leu sulle intercettazioni: riguardano in particolare l’uso dei Trojan, che torna ad essere consentito per i reati di corruzione solo se a commetterli è un pubblico ufficiale. Sarà anche rivista la procedura che attiva gli interruttori del virus spia, ricondotti alla totale responsabilità del pm. Restano le altre novità anticipate ieri dal Dubbio: a cominciare dal controllo sulle trascrizioni inopportune (per la privacy e il più generale danno alla reputazione degli intercettati) condotto ex post dal pm anziché dalla polizia. E soprattutto restano, opportunamente, le possibilità per il difensore di esaminare addirittura per via telematica le intercettazioni depositate, mentre quelle non trascritte potranno essere ascoltate, dall’avvocato, direttamente dall’archivio riservato del pm, con facoltà di ottenere copia dei file. L’ultima notizia, forse la più sorprendente, riguarda però di nuovo la prescrizione. Sempre al tavolo di giovedì è venuta fuori, a un certo punto, la famosa proposta dell’Anm: lo stop limitato alle sentenze di condanna. Italia viva si è detta fermamente contraria: «Si violerebbe il principio di non colpevolezza». Ma l’ipotesi non è stata definita irricevibile da Bonafede. Rischia dunque di essere il solo comune denominatore: prescrizione resuscitata per chi è assolto. Ipotesi però problematica, come dicono i renziani. Il che fa capire come la sospensione natalizia non corrisponda affatto al disinnesco della bomba.