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Era atteso. Da molto. Era atteso il testo dei decreti delegati sulle intercettazioni, certo. Ma prima ancora si attendeva di comprendere quale percorso il ministro della Giustizia Andrea Orlando avrebbe seguito per definirne i contenuti. Alla fine è stata scartata l’ipotesi di una commissione di studio, incompatibile con i tempi stretti della legislatura e della delega, e si è optato per una bozza da inviare ai soggetti coinvolti: avvocati, magistrati, stampa, accademici del diritto. Lunedì e martedì prossimo il guardasigilli dovrebbe incontrare i loro rappresentanti.
In realtà, salvo ricomposizioni diplomatiche dell’ultim’ora, mancherà sicuramente la Federazione nazionale della stampa. Il sindacato dei giornalisti dichiara, in una nota, di «non condividere in alcun modo il metodo seguito» e di non voler accettare «un’audizione di mezz’ora, in cui ci si chiederà un parere su un testo già definito». Della bozza in questione, Repubblica ieri ha anticipato alcuni contenuti. Da quanto si apprende, il documento inviato in forma riservatissima ai rappresentanti dell’avvocatura ( Cnf e Ucpi), della magistratura ( Anm e procuratori della Repubblica), dell’informazione e dell’accademia è presentato appunto come ipotesi di lavoro. Viene chiarito che si terrà conto dei «contributi» proposti dalle parti in causa. E una nota del ministero ribadisce che non c’è «alcun testo definitivo né ufficiale». In ogni caso l’orientamento seguito fin qui dall’ufficio legislativo di via Arenula avrebbe obbedito a un principio di coerenza con la delega contenuta all’interno del ddl penale, già di per sé molto dettagliata.
LE FRASI? IN ALLEGATO
Secondo quanto emerso, la necessità di assicurare la privacy delle persone solo casualmente intercettate e degli stessi indagati sarà assicurata con un sistema già messo nel mirino dai cinquestelle ( «vogliono bloccare Consip» ) ma in effetti in grado di ripristinare almeno parzialmente un principio di civiltà: niente più virgolettati delle telefonate negli atti di pm, gip e Riesame, il contenuto delle conversazioni rilevanti sarà indicato solo per riassunto. Il che non vuol dire che le trascrizioni saranno segrete per gli stessi magistrati. Semplicemente verranno allegate agli atti in forma separata. Si tratta di una cautela minima, evidentemente, perché il pubblico ufficiale ( gip, pm, cancelliere o agente di polizia giudiziaria che sia) intenzionato a diffondere a mezzo stampa il contenuto testuale delle telefonate potrebbe provarci comunque. Ma viene posto almeno un limite alla più clamorosa e discutibile delle prassi: il cosiddetto copia e incolla che i giudici per le indagini preliminari compiono tra le richieste ricevute dalle Procure e le ordinanze per le misure cautelari. Visto che le prime conterranno solo il riassunto dei pas- saggi più rilevanti, non potrà più avvenire che telefonate con persone estranee all’inchiesta e senza rilievo penale possano arrivare, attraverso la richiesta degli inquirenti, dritte dritte nelle ordinanze dei giudici. Uno snodo finora carico di risvolti paradossali: gli atti del gip infatti sono a disposizione dalla difesa, il che oggi permette ai giornali di scaricare, implicitamente, proprio sugli avvocati la responsabilità del danno procurato ai loro assistiti o, peggio, a persone estranee all’indagine.
ARCHIVIO CONTROLLATO
Sarebbe prevista una forma particolarmente rigida di controllo per le conversazioni irrilevanti e in grado di ledere la privacy: non potranno neppure essere trascritte. Finirebbero in un archivio digitale riservato. Al quale avrebbero comunque accesso, oltre ai magistrati della Procura, «giudice e difensori, oltre agli ausiliari autorizzati dal pm». Non proprio segreto, insomma. Diciamo “controllato”, dal momento che, nella versione della bozza citata dall’Ansa, l’articolo 269 del codice di procedura penale verrebbe modificato anche con la seguente dicitura: «Ogni accesso è annotato in apposito registro, con indicazione della data, dell’ora iniziale e finale dell’accesso e degli atti consultati». Basterà? Certo sarebbe un significativo deterrente alla divulgazione dei brogliacci. Ma certo non si può parlare di limite all’uso dello strumento investigativo. È vero che il divieto di trascrizione riguarderebbe persino le «comunicazioni o conversazioni» riguardanti «dati personali definiti sensibili dalla legge». Ma è vero anche che il pm può disporre «con decreto motivato» la trascrizione di tutte quelle conversazioni “sensibili” o apparse penalmente irrilevanti agli stessi agenti, qualora ne valuti invece «la rilevanza per i fatti oggetto di prova».
COLLOQUI DEI DIFENSORI
Una disciplina di protezione un po’ più rigorosa sembrerebbe poter essere assicurata, finalmente, alle conversazioni tra difensore e assistito. Attualmente l’articolo 103 del codice di procedura definisce inutilizzabili tali colloqui. Con la disciplina introdotta dal decreto abbozzato a via Arenula, si preciserebbe che anche i file di queste comunicazioni, se comunque venissero captate, dovrebbero essere indicati nei verbali solo relativamente a data, ora e dispositivo, e custoditi nell’archivio digitale riservato. Il che sembrerebbe non impedire neppure in termini formali che il pm possa ascoltare e scoprire la strategia difensiva della controparte. Ma almeno non potrà più verificarsi quanto avvenuto con la telefonata tra Tiziano Renzi e il proprio avvocato Federico Bagattini, di cui alcuni quotidiani segnalarono il contenuto. Troverebbe così accoglimento l’esortazione a una maggiore vigilanza sul tema che il presidente del Cnf Andrea Mascherin aveva rivolto anche a Sergio Mattarella, in un incontro con il consigliere giuridico del Capo dello stato, Stefano Erbani. Diventa reato punibile con pena fino a 4 anni rendere pubbliche ( se non nel processo) riprese audio- video effettuate in modo fraudolento e per recare danno all’immagine altrui. Con gli ulteriori affinamenti che il ministro Orlando si prepara a compiere sul testo dopo gli incontri di lunedì e martedì, potrebbe essere invece rovesciato il limite per l’uso dei trojan nei reati di corruzione: a parte i vincoli autorizzativi validi per qualunque captazione, i virus- spia potranno essere attivati per i reati associativi contro la pubblica amministrazione nella stessa abitazione degli indagati anche quando non vi siano elementi per prevedere il compiersi dell’attività criminosa.