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Rebibbia
Uso eccessivo di psicofarmaci, eccesso di discrezionalità da parte della magistratura di sorveglianza che concede ordinanze diverse e discriminatorie tra detenuti che potenzialmente potrebbero accedere ai benefici, troppi detenuti in attesa di giudizio nelle sezioni di alta sicurezza, situazioni di persone gravemente malate. Come il caso emblematico del signor B., detenuto al 41 bis, che ha raccontato di avere tre tumori alla testa e diverse altre patologie ( pancreatite, riversamento pleurico, epatite B, infarto intestinale e altre minori) e di aver già subito ben 19 interventi chirurgici e di essere in attesa per altri quattro. Il signor B denuncia di non essere stato scarcerato – versione confermata verbalmente dalla direttrice del carcere e i dai comandanti del Gom e polizia penitenziaria - nonostante che gli sia stata riconosciuta l’incompatibilità con il regime carcerario. Ma si è in attesa di conoscere gli atti per capire meglio la sua posizione.
Queste e altre ancora sono le criticità emerse durante la visita ispettiva del 30 marzo nei reparti del 41 bis e di Alta sicurezza della casa circondariale di Rebibbia Nuovo complesso. Si tratta di un percorso di impegno e conoscenza sul tema della condizione carceraria in Italia intrapreso da qualche anno dalla parlamentare europea Eleonora Forenza de L’Altra Europa. Le sue visite, in collaborazione con l’associazione Yairaiha onlus e in particolare la presidente Sandra Berardi - entrambe candidate alle scorse elezioni con Potere al Popolo e artefici del programma politico sulla giustizia relativa al superamento del 41 bis e dell’ergastolo ostativo -, sono soprattutto indirizzate nel visitare tutte le sezioni di Alta Sicurezza e quelle del regime di 41 bis sparse tra diversi istituti penitenziari.
“Al momento della visita ispettiva – si legge nella relazione - erano presenti circa 1480 detenuti così suddivisi: 100 persone in AS3, 5 detenuti AS2 in attesa di essere trasferiti in struttura con sotto circuito dedicato, 35 detenuti in 41 bis, 114 detenuti nella sezione protetti ( appartenenti al circuito Alta e Media sicurezza), 12 nella sezione collaboratori e 1219 in Media sicurezza. A questo si aggiunge la presenza di 150 detenuti provenienti dagli ex ospedali psichiatrici giudiziari. La sezione di AS3 ( circuito carcerario riservato a condannati per reati di tipo associativo) risulta complessivamente in buone condizioni, tranne il funzionamento del servizio postale”.
Durante il colloquio – si legge sempre nella relazione di Eleonora Forenza – è emerso che “molti dei presenti, pur avendo scontato da tempo i cd. reati ostativi, non hanno la possibilità di accedere ai benefici penitenziari perché lo scioglimento del cumulo rimane principio non applicato”. Ci si riferisce al cosiddetto “scorporo”, ovvero l’ applicazione del principio della scindibilità del cumulo: espiata la pena relativa ai reati ostativi, per i rimanenti è teoricamente possibile accedere ai benefici richiesti. “Così come l’inesigibilità della collaborazione – si legge sempre nella relazione - rimane principio astratto per il persistere di relazioni delle diverse Dda ( Direzioni distrettuali antimafia) datate al momento dell’arresto e che non tengono conto degli anni di carcerazione scontati e dell’assenza di collegamenti con le organizzazioni di appartenenza, nonostante le recenti circolari del Dap e delle sentenze che sanciscono l’imprescindibilità di questi fattori per una valutazione attualizzata”. Dai colloqui è emerso anche – come riscontrato durante le altre visite ispettive delle altre carceri – «l’eccessiva discrezionalità della magistratura di sorveglianza che, di fatto, determina decisioni sensibilmente diverse se non discriminatorie tra detenuti che potenzialmente potrebbero accedere ai benefici penitenziari».
A questo si aggiunge la mancata attuazione l’istituto della liberazione anticipata e condizionale nei confronti degli ergastolani. Nella relazione, la parlamentare Forenza sottolinea la violazione del “diritto alla speranza” sancito dalla sentenza Vinter della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Parliamo della sentenza del 2013 nei confronti della Gran Bretagna dove la Cedu ha accertato che la pena dell’ergastolo viola l’articolo 3 della Convenzione ( divieto di trattamenti inumani e degradanti) qualora il sistema interno non preveda la possibilità di riesame o di rimessione in libertà dopo un certo periodo di tempo, in generale venticinque anni di reclusione. La relazione poi si concentra su alcune problematiche del 41 bis del carcere di Rebibbia. Le sezioni del regime duro sono 4, dislocate nei reparti G7 e G13. Il reparto G7 è suddiviso in 3 sezioni che ospitano in tutto 22 detenuti, mentre 13 sono collocati nel reparto G13. Eleonora Florenza sottolinea che il nuovo decalogo del 41 bis non risulta completamente attuato visto che una delle due ore d’aria è infatti alternativo all’uso della saletta. Le sale colloquio che accolgono i familiari risultano piccolissime e durante la visista hanno registrato diverse segnalazioni in merito ai bambini: durante il colloquio avrebbero subito piccoli infortuni e patito il freddo causando ulteriori traumi sia nei loro confronti che soffrono il distacco dal genitore sia per i detenuti e per gli altri congiunti.
La relazione poi si concentra sull’aspetto sanitario: tra i detenuti ristretti in regime di 41 bis hanno incontrato diversi soggetti che presentano gravissime patologie e il ricorso agli psicofarmaci risulta massiccio. Su tutti il caso emblematico del signor B. Nella relazione si denuncia il paradosso che il detenuto finirà comunque di scontare la pena tra due anni. In merito a questo Eleonora Forenza pone due questioni. La prima: «Come è possibile che la certificazione di incompatibilità carceraria di un soggetto con così tante e tali, gravi patologie, non venga riconosciuta?». La seconda: «Come è possibile che le persone ristrette in 41 bis passino dalla pericolosità sociale alla libertà, anche dopo molti anni, senza aver fatto nessun percorso graduale di reinserimento?».
Altro aspetto denunciato è la questione dei detenuti in attesa di giudizio in situazioni di regime duro: nel reparto G7 ne risultano ristrette, anche per alcuni anni, diverse persone. In alcuni casi dichiarano di non capire le motivazioni per cui vengono collocati nel circuito di massima sicurezza, avendo commesso a loro dire “reati minori”. Si tratta di un altro aspetto sul quale Eleonora Forenza, nella relazione, pone altrettante riflessioni: ovvero la possibilità di essere detenuti tanto a lungo in regime di massima sicurezza in assenza di giudizio definitivo. Un ricorso sul tema – viene ricordato nella relazione – è pendente alla Cedu di Strasburgo. Nel reparto G13 hanno trovato un clima teso e si denunciano diverse problematicità. C’è il caso del signor R., diabetico sottoposto a terapia insulinica, da 10 anni in 41 bis, che denuncia la carenza di assistenza sanitaria e l’inadeguatezza dell’alimentazione e l’impossibilità di acquistare alimenti specifici per la patologia. Le visite specialistiche cui dovrebbe essere sottoposto periodicamente - secondo quanto ha denunciato non verrebbero erogate puntualmente.
Poi emerge il problema strutturale che creerebbe non pochi disagi. I detenuti sottoposti all’isolamento diurno nel reparto G13 denunciano che – nonostante la sezione sia di recente ristrutturazione – le temperature risultano umanamente insopportabili d’estate e che c’è una insufficiente areazione della cella per via della finestra collocata ad oltre 2 metri da terra. La relazione scaturita dalla visita ispettiva di Eleonora Forenza in collaborazione dell’associazione Yairaiha onlus è stata inviata a tutte le istituzioni competenti. Non rimane che attendere delle risposte.