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Il Csm “silenzia” la discussione sulle sorti dell’ex segretaria di Piercamillo Davigo, secretando la seduta nonostante la richiesta, da parte della maggioranza del plenum, di rendere la seduta pubblica. Una richiesta che, nei giorni scorsi, era stata fatta anche dalla stessa Marcella Contrafatto e dai suoi difensori, che in una lettera indirizzata al Csm aveva sottolineato come «l'interesse alla riservatezza dell'incolpata, che dovrebbe costituire il fine di quella scelta, è stato già ampiamente compromesso dall'illegittima circolazione delle informazioni e dalla comunicazione mediatica che ha colpito l'immagine personale e professionale di un funzionario che non aveva mai subito alcuna contestazione disciplinare in tutta la sua carriera, prossima al traguardo pensionistico». Contrafatto, come noto, è la dipendente del Csm indagata per calunnia dai pm capitolini nell’ambito dell’inchiesta sulla diffusione di verbali secretati degli interrogatori resi da Piero Amara ai magistrati milanesi. E proprio per tale motivo, il 19 aprile scorso, era stata sospesa dall’incarico. Il segretario generale, in quello stesso provvedimento, aveva evidenziato però l’impossibilità di «adottare alcuna utile determinazione poiché le decisioni da assumere in sede disciplinare risultano connesse all'accertamento della sussistenza o meno dei fatti oggetto delle investigazioni in sede penale», sospendendo il procedimento disciplinare fino alla sentenza irrevocabile. Ma il primo luglio, il segretario generale ha dichiarato «cessati gli effetti del provvedimento di sospensione emesso in data 19 aprile 2021», pur non essendo ancora conclusa nemmeno la fase delle indagini. Un provvedimento ingiustificato, secondo Riccardo Bolognesi, uno dei difensori della donna, e non disciplinato dal regolamento dal momento che nessun elemento nuovo sarebbe intervenuto per concludere il procedimento. «Esistono, semmai, nel fascicolo del procedimento appena acquisito, alcuni elementi documentali di estremo interesse in senso contrario - ha scritto il legale -, che provano circostanze idonee a mettere in crisi la professata coerenza dei pochi indizi raccolti». Nulla da fare. Il plenum si era ieri riunito alle 15.30 per votare la proposta di licenziamento, pratica approdata in aula a microfoni spenti e per la quale il consigliere Nino Di Matteo ha chiesto di poter rendere la seduta pubblica, sottolineando come non ci fosse nulla, tra gli atti da trattare, che potesse essere considerato segreto. Si trattava, infatti, degli atti del Riesame, finiti su tutti i giornali il giorno stesso del loro deposito. Per mantenere la segretezza, stando al regolamento, è necessario che due terzi del plenum votino in tal senso. Ma la maggior parte dell’assemblea ha accolto la proposta di Di Matteo. La seduta è andata dunque avanti per un po’ in modalità pubblica, registrando l’intervento della stessa Contrafatto, che ha ribadito la propria innocenza. Ma è stato qui che una parte del Csm ha contestato la pubblicità dei lavori, paragonando il plenum ad una camera di consiglio e ritenendo la riunione, pertanto, segreta. Un parallelismo che, secondo alcuni, non reggerebbe, dal momento che l’unica cosa da fare era votare la proposta di licenziamento. Per risolvere il problema, il vicepresidente David Ermini ha investito la seconda Commissione dell’onere di stabilire il da farsi. E dopo una breve riunione, il presidente Carmelo Celentano ha annunciato il parere espresso all’unanimità dalla Commissione: «Il regolamento del personale nulla dice in ordine alla pubblicità della così definita assemblea plenaria quale organo competente alla deliberazione delle sanzioni». Tuttavia, a giudizio della Commissione, «la stessa natura di un procedimento disciplinare che trova il suo esito definitivo in un atto di natura non giurisdizionale o contrattuale, ma di natura provvedimentale, così come delineato dal regolamento, determina come conseguenza sul piano applicativo delle norme di principio dei procedimenti amministrativi la natura non pubblica delle sedute dell’ufficio disciplinare, in quanto la regola della pubblicità è applicabile soltanto alle udienze dei casi dei procedimenti di natura giurisdizionale e non per i provvedimenti di natura amministrativa e non contrattuale». La seduta è diventata, dunque, di nuovo segreta, il tempo necessario per decidere di rimandare tutto a dopo le vacanze: la decisione verrà presa l’8 settembre alle 15.30. Ma la discussione ha di nuovo infiammato gli animi dei presenti, sempre più indispettiti da una trasparenza sempre invocata ma difficilmente messa in atto. «Per quale motivo non se ne vuole parlare pubblicamente? Cosa c’è da nascondere?», si è chiesto qualcuno. Ma la domanda è rimasta senza risposta.