PHOTO
Pochissimo lavoro per i detenuti. Per la stragrande maggioranza dei casi è poco qualificante e sono solo di poche ore al mese. Il personale di polizia ha un rapporto tra agenti e detenuti più alto rispetto alla media europea, ma è dislocato in maniera disomogenea, senza parlare degli educatori, quasi inesistenti. Questo lo si è potuto constatare grazie all’aggiornamento delle schede on line, istituto per istituto, che si trovano sul sito del ministero della Giustizia.
Non appena messe on line, con gli aggiornamenti, le schede su ciascuno dei 190 istituti penitenziari avevano finalmente consentito di rilevare l'effettiva capienza. Rispetto ai 50.561 posti regolamentari, Rita Bernardini del Partito Radicale, ha potuto constatare che ben 3.704 sono i posti non utilizzabili. Pertanto la capacità ricettiva regolamentare è di 46.857 posti, a fronte di una presenza al 30 aprile 2019 di 60.529 detenuti con un sovraffollamento del 129%. Ma le schede aggiornate hanno consentito sempre all’esponente del Partito Radicale, anche di sapere quante unità di polizia penitenziaria sono effettivamente assegnate agli istituti rispetto ai numeri previsti dalla pianta organica. Un lavoro certosino, quello della Bernardini, che ha messo in luce che la pianta organica di 37.211 agenti risulta sguarnita di 4.074 unità, con una scopertura dell'11%. Gli agenti assegnati agli istituti penitenziari sono in totale 33.137 e ciò senza considerare malattie, ferie, legge 104, permessi, maternità. Quindi il rapporto è di 1 agente ogni 1,8 detenuti.
Va tutto bene? Assolutamente no. Si va dalla Casa circondariale di Caltagirone dove per 521 detenuti ci sono solo 149 agenti (3,5 detenuti ogni agente) o Poggioreale, dove per 2.364 detenuti ci sono 790 agenti (3 detenuti ogni agente), alla Casa circondariale di Novara dove il rapporto è 1 a 1 (186 detenuti per 191 agenti), mentre ad Alba dove, a fronte di 46 detenuti ci sono 104 agenti.
«Il problema – spiega a Il Dubbio Rita Bernardini – non è quindi il numero degli agenti che è ben superiore rispetto agli altri paesi Europei, dovrebbero non solo essere distribuiti equamente, ma anche organizzati in maniera diversa. Se ad esempio – aggiunge - si cominciassero a mettere le videosorveglianze, non servirebbero tanti agenti». L’esponente del Partito Radicale fa anche un esempio: «Al carcere di Lecce, spendendo pochi soldi, il comandante della polizia penitenziaria ha allestito una sala di regia dove un agente può controllare se va tutto bene e gli agenti stessi sono anche più contenti e possono subire meno stress lavorativo».
Per quanto riguarda gli educatori, l’esponente radicale ricorda che, con la legge Madia, il numero totale era stato inopinatamente ridotto dai già insufficienti 1.376 a 999. Quel che sconcerta però è che l'insufficiente pianta organica di 999 unità non è nemmeno coperta nelle previsioni di legge. Secondo i dati riportati nelle schede degli istituti penitenziari, in Pianta Organica figurano infatti 884 educatori (115 in meno) e di questi, effettivamente assegnati ce ne sono solo 808: numero sulla carta perché non considera ferie, legge 104, permessi, maternità. Comunque, prendendo per buoni questi numeri, vuol dire che ogni educatore deve seguire almeno 75 detenuti. Anche qui, come per gli agenti, Rita Bernardini ha potuto constatare che si registrano forti squilibri da carcere a carcere. Se nella casa circondariale di Isernia ad un educatore sono affidati solo 9 detenuti, a Potenza 13, o a San Cataldo in Sicilia 29, troviamo le realtà di Genova Marassi ad un educatore corrispondono 120 detenuti, di Taranto con un educatore ogni 156 detenuti o Santa Maria Capua Vetere dove per ogni educatore ci sono 206 detenuti.
Poi c’è la questione del lavoro. Sono 95 gli istituti penitenziari che forniscono informazioni sul lavoro dei detenuti. Gli altri 95 ( in tutto sono 190) o danno informazioni parziali o lasciano gli spazi in bianco, cioè non rispondono. I 95 istituti riguardano una popolazione detenuta di 31.974 persone: dall’analisi delle schede si evince che svolgono lavori alle dipendenze dell'Amministrazione penitenziaria 6.325 detenuti, pari al 21,95%, mentre svolgono lavori più qualificanti alle dipendenze di ditte esterne o lavorazioni alle dipendenze dell'Amministrazione penitenziaria ( sartoria, falegnameria, tipografia, ecc.) 996 detenuti pari al 3,11%. In totale quindi svolgono un lavoro il 25,06% dei detenuti. «Occorre però tenere presente – sottolinea sempre Bernardini -, per quel che riguarda i lavori interni agli istituti, si trattano di impieghi a turnazione e di poche ore giornaliere, il che vuol dire che in un anno un detenuto lavora dai due ai quattro mesi, prendendo retribuzioni risibili».