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Sarà sicuramente interessante leggere le motivazioni della Consulta sull’infondatezza della censura al decreto antiscarcerazioni. L’ufficio stampa della Corte costituzionale ha fatto sapere che il decreto non è in contrasto con il diritto di difesa del condannato né con l’esigenza di tutela della sua salute né, infine, con il principio di separazione tra potere giudiziario e potere legislativo. Sarà interessante leggerle perché siamo sicuri che ancora una volta verrà sottolineata l’importanza del diritto alla salute anche nei confronti dei detenuti che rientrano nei reati ostativi, sia di chi è al 41 bis, sia di chi è recluso nei circuiti di Alta Sicurezza. Il diritto alla salute è un principio inviolabile Un principio più volte ribadito dalla Corte stessa. Ed è la questione che forse non è stata colta da chi ha accolto con toni trionfalistici la decisione della Consulta sulle antiscarcerazioni, pensando che sia quindi giusto mettere più paletti possibili per le antiscarcerazioni (che in realtà è sempre detenzione) ai detenuti per reati mafiosi anziani e gravemente malati che, soprattutto in tempo di pandemia, rischiano la vita dietro le sbarre. Il diritto alla salute è un principio inviolabile, per questo durante la prima ondata dell’emergenza Covid, diversi magistrati di sorveglianza e Gip hanno disposto la misura alternativa per tutti quei detenuti che presentavano gravi patologie, soprattutto per il fatto che il virus si diffonde facilmente nelle carceri dove, tra l’altro, l’assistenza sanitaria è carente. D’altronde una delle prime vittime della prima ondata era stato un detenuto 76 enne, recluso per reati di mafia al carcere La Dozza di Bologna. Si chiamava Vincenzo Sucato ed era lì nonostante si sapesse che si trattava di un soggetto ad elevatissimo rischio sia di contaminazione che di morte quasi certa in caso di contagio. Tanti sono soggetti a rischio e i magistrati stessi hanno ritenuto fondati i motivi per concedere la detenzione domiciliare per motivi di salute. I centri clinici sono diventati "virtuosi" Ma poi è arrivato lo tsunami dell’indignazione, la “scoperta” da parte di alcuni giornali che sì, centinaia di detenuti (non boss) accusati di reati mafiosi sono stati mandati via dal carcere. In un Paese civile, informato adeguatamente da chi rispetta la deontologia professionale, non ci sarebbe stato alcuno scandalo. Un governo, sicuro delle sue azioni, manterrebbe fermo il punto, anche al costo di diventare impopolare. Ma diversi magistrati, politici, ministri, sono diventati ostaggio dei talk show. A un tratto, tranne rarissime eccezioni come appunto i magistrati di sorveglianza di Spoleto, Sassari e Avellino che hanno impugnato i decreti, c’è stato il dietrofront. Con le antiscarcerazioni il pericolo Covid è scomparso, a un tratto sono stati trovati penitenziari che avrebbero centri clinici adatti per la cura oncologica e altre gravi patologie. Le carceri, insomma, sono diventate all’improvviso perfette per fronteggiare il Covid e qualsiasi altro fattore che può essere letale per chi ci vive. Perfino le Asl locali, all’improvviso dipingono i centri clinici come esempi virtuosi. Quando il carcere di Parma era ad “alta complessità sanitaria” Il Dubbio, nei mesi scorsi, aveva pubblicato in esclusiva alcuni passaggi del documento della Asl locale che dipinge il carcere di Parma ad “alta complessità sanitaria”. C’era una prima lista, la più urgente, che era composta da 51 nominativi classificati a rischio per l’età e presenza di importanti comorbidità (la coesistenza di più patologie diverse in uno stesso individuo). Tra i nomi compare anche quello di Raffaele Cutolo al quale, com’è noto, è stata rigettata l’istanza per la detenzione domiciliare richiesta per le sue drammatiche condizioni di salute e rinnovato il 41 bis. Magicamente, è tutto rientrato. Il centro clinico di Parma diventa adatto per garantire la salute ai malati. Sicuri? Il Dubbio, a settembre, ha dato notizia che il 72enne pluriergastolano siciliano Carmelo Terranova, il quale a fine aprile ha usufruito della detenzione domiciliare a causa delle sue patologie ritenute inizialmente incompatibili con il carcere, era stato fatto di nuovo rientrare in carcere. Sì, perché dopo le indignazioni, improvvisamente è diventato compatibile. Inizialmente l’hanno tradotto presso la casa Circondariale siciliana “Cavadonna”, in quanto, attraverso la rivalutazione obbligatoria, hanno attestato la compatibilità delle sue condizioni di salute col regime carcerario. In realtà, tempo poco più di un mese, lo hanno tradotto nel carcere di Parma e, esattamente il 14 agosto, è stato assegnato al centro clinico del carcere. I contagi aumentano a dismisura Ma ci è durato poco, perché subito dopo lo hanno ricoverato in ospedale, nel reparto detentivo, dove alla fine è morto.Ora c’è la seconda ondata, i contagi aumentano a dismisura. Altri morti per Covid, tra cui proprio un ergastolano 82enne, gravemente malato al carcere di Livorno, al quale ad aprile gli avevano rigettato l’istanza di scarcerazione. Il virus è entrato anche nel carcere di Torino infettando due bambini, ha attraversato le sbarre del 41 bis del carcere milanese di Opera e ha infettato, tra gli altri, Antonio Tomaselli. Ha un grave carcinoma polmonare (dichiarato malato terminale), ma per i giudici poteva stare dentro perché non avrebbe corso nessun rischio. Ora è in terapia intensiva e lotta tra la vita e la morte. I familiari lo hanno saputo dopo giorni. Possibile che solo Il Dubbio ne parli? E tra i politici, possibile che solo il Partito Radicale, tramite l’instancabile Rita Bernardini, si sia attivato per far luce e denunciare palesi trattamenti inumani e degradanti?