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Roberto Formigoni
Formigoni va ai domiciliari Durante questi cinque mesi di detenzione Roberto Formigoni ha iniziato un “percorso di resipiscenza” che per la prima volta dopo anni lo ha portato al “riconoscimento del disvalore delle sue condotte poste in essere”.
In questo periodo, nel chiuso della cella del carcere di Bollate, l’ex presidente della Regione Lombardia, condannato in via definitiva per corruzione a cinque anni e dieci mesi nel processo sulle Fondazioni Maugeri e San Raffaele, ha riletto la vicenda “comprendendone gli sbagli, i comportamenti superficiali come le vacanze in barca. Il carcere ha sollecitato in lui un notevole sforzo di adattamento, consolidato da elementi tra cui la fede e dall’attività di volontariato nella locale biblioteca”.
Le motivazioni del provvedimento Sono questi alcuni dei passaggi salienti del provvedimento con cui ieri il giudice del Tribunale di sorveglianza di Milano Gaetano La Rocca, lo stesso che aveva presieduto il collegio che in primo grado lo condannò a sei anni, ha accolto la richiesta di concessione dei domiciliari avanzata da Formigoni.
L’istanza era stata discussa la scorsa settimana dai difensori Luigi Stortoni e Mario Brusa. Intorno alle 14 l'ex governatore ha così lasciato il carcere alle porte di Milano per raggiungere la casa di un suo amico medico, che lo ospiterà e lo aiuterà anche economicamente. Sostegno necessario, giacché Formigoni non può più nemmeno comprarsi da mangiare: tutti i suoi averi sono stati confiscati.
Basso profilo in carcere Il collegio, di cui facevano parte la stessa presidente del Tribunale di sorveglianza, Giovanna Di Rosa, e due esperti, ha anche apprezzato il “basso profilo” tenuto in carcere da Formigoni con gli altri detenuti che, in quanto ex politico, gli hanno fatto in questi mesi molte richieste a cui non è stato dato alcun seguito.
Formigoni è stato autorizzato poi a svolgere del volontariato presso un istituto religioso. «Il giudice ha accolto in pieno le nostre richieste - ha spiegato l’avvocato Stortoni - riconoscendo che effettivamente Formigoni non ha più la possibilità di collaborare sui fatti di cui era stato accusato. Ha evidenziato che Formigoni era stato assolto per l’associazione a delinquere e i pm non avevano fatto neanche ricorso. Il sostituto pg Nicola Balice aveva dato il suo parere favorevole ai domiciliari».
Nel provvedimento si riportano anche le dichiarazioni rese durante l’udienza dall’ex governatore: “Mi conformo alla sentenza di condanna - aveva detto - e comprendo il disvalore dei miei comportamenti: la mia riflessione sui fatti del processo si è accresciuta in carcere”.
I giudici hanno quindi valorizzato il suo “percorso di cambiamento”, sottolineando come possa essere ammesso ai benefici penitenziari, e in questo caso ai domiciliari da ultrasettantenne ( ha più di 72 anni) giacché “il presupposto della collaborazione è impossibile”.
La legge spazzacorrotti Il carcere, infatti, sarebbe stato ancora necessario se avesse potuto collaborare con nuovi elementi e ciò a prescindere dell’applicazione, retroattiva o meno, della legge “spazzacorrotti”, i cui profili di illegittimità costituzionale non sono stati affrontati dal collegio.
Per i giudici, anche se è “pacifico” che Formigoni non ha collaborato nelle indagini e nel processo, non ci sono ora più “spazi” per farlo, anche perché i pm di Milano hanno portato solo “presunzioni” e non elementi “per fondare una possibilità” di collaborazione. Anzi, il processo ha ricostruito tutti gli elementi “con pignoleria”. Formigoni era in carcere dal 22 febbraio.
Sulla questione di costituzionalità della “spazzacorrotti”, in vigore dallo scorso gennaio, bisognerà a questo punto attendere la pronuncia della Consulta. Al momento sono sei i Tribunali che si sono rivolti alla Corte costituzionale, sia per l’irragionevolezza sia per la retroattività della norma.