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Corte costituzionale
Il riconoscimento dell’omogenitorialità, all’interno di un rapporto tra due donne unite civilmente, non è imposto da alcun precetto costituzionale, sebbene la Costituzione non sia chiusa a soluzioni di segno diverso ma sulla base di valutazioni spettanti al legislatore. Anche la più piena tutela dell’interesse del minore - oggi attuata solo in parte dalla giurisprudenza con una forma minore di adozione - può essere realizzata in modo più penetrante dal legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità. È quanto ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza, depositata oggi, di cui è stato relatore il presidente Mario Rosario Morelli, nella quale spiega perché il 21 ottobre scorso ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal tribunale di Venezia con riferimento alla legge sulle unioni civili e sugli atti dello stato civile. Il caso all’esame dei giudici veneziani, riguarda una donna, unita civilmente ad un’altra, che ha concepito all’estero (la cosiddetta "madre gestazionalE"), mediante tecniche di fecondazione eterologa effettuate con il consenso determinante della "madre intenzionale", un figlio poi nato in Italia. Le due donne hanno chiesto di essere entrambe registrate all’anagrafe come madri del bambino. Secondo la Consulta, il riconoscimento dello status di genitore alla "madre intenzionale" rappresenta un «obiettivo perseguibile per via legislativa» poiché implica una scelta - costituzionalmente non imposta - che, anche e soprattutto per i contenuti etici e valoriali coinvolti, appartiene a quell’area di interventi con cui il legislatore si fa interprete della volontà collettiva bilanciando i valori fondamentali in gioco e tenendo conto degli orientamenti e delle istanze più radicate, in quel momento storico, nella coscienza sociale. Con riferimento alla tutela del minore, inoltre, la Corte ha evidenziato che la giurisprudenza ha già preso in considerazione l’interesse in questione, ammettendo l’adozione "non legittimante" in favore del partner dello stesso sesso del genitore biologico del minore. In questa prospettiva, dunque, secondo i giudici costituzionali, è «possibile una diversa tutela del miglior interesse del minore, in direzione di più penetranti ed estesi contenuti giuridici del suo rapporto con la madre intenzionale, che ne attenui il divario tra realtà fattuale e realtà legale», ma le forme per attuarla rientrano nell’ambito delle opzioni rimesse alla discrezionalità del legislatore.